Grandi opere, l'impiegata ravennate si difende: «Io non c'entro nulla»

Rimini

RAVENNA. «Io non c’entro». A dirlo è Lidia Cavina, la 56enne ravennate finita indagata nell’inchiesta su tangenti e favori per le cosiddette grandi opere. Rompe il silenzio, attraverso il suo avvocato Giovanni Scudellari, a una settimana di distanza dalle prime perquisizioni e dopo essere finita sulle prime pagine di tutti i giornali.

Il ruolo. Factotum e persona di fiducia a cui Perotti & co affidavano compiti delicati o mera impiegata che si limitava a eseguire gli ordini che gli venivano impartiti e che nulla ha che vedere con le contestazioni mosse nei suoi confronti, come perlatro lei stessa ha ribadito? Accusa e difesa sono su posizioni diametralmente opposte in merito al ruolo di Lidia Cavina, la 56enne collaboratrice della sede ravennate della Spm indagata nell’ambito dell’inchiesta della Procura di Firenze sul presunto giro di tangenti per la realizzazione delle Grandi opere.

L’accusa. Dalle carte (tra le quali spunta anche il nome dell’ex consigliere regionale del Pd Miro Fiammenghi, tirato in ballo in relazione all’assegnazione dei lavori per la realizzazione dell’autostrada regionale Cispadana) sembra emergere un ruolo attivo della donna. Le sarebbero infatti stati affidati i compiti più delicati, come la predisposizione di report finanziari che dovevano restare al riparo di occhi indiscreti, tanto da offrirsi di portarli di persona a destinazione in occasione di una trasferta a Milano. E sempre a lei venivano chieste informazioni sui contratti e sulle collaborazioni relative alle diverse società riconducibili a Perotti, l’ingegnere “pigliatutto” che secondo l’accusa riusciva ad acquisire incarichi di direzione dei lavori e remunerative consulenze grazie ai legami con Ercole Incalza, alto dirigente del Ministero delle Infrastrutture.

In alcune intercettazioni emerge come l’aiuto della donna sia stato richiesto anche da parte del commercialista di fiducia di Perotti, un professionista ravennate - coinvolto in passato in altre vicende giudiziarie in materia di reati societari - che pare rappresentare un consulente fidato; sebbene non risulti tra gli indagati, più volte il nome dell’uomo compare nella corposa ordinanza del gip toscano come referente.

L’indagata. Ad avviso del difensore dell’indagata, invece, la donna risulterebbe estranea alle accuse contestategli. «Da un primo esame degli atti processuali - spiega l’avvocato Giovanni Scudellari - emerge che la signora Cavina è esclusivamente indagata di un unico reato, associazione a delinquere, nei confronti del quale il giudice per le indagini preliminari, nell’emettere l’ordinanza di custodia cautelare a carico degli altri indagati, ha già tassativamente escluso la sussistenza e la fondatezza. Tale circostanza - prosegue il legale - rappresenta la migliore dimostrazione dell’assoluta estraneità della signora Cavina ai fatti contestati, nonché la conferma della totale correttezza del suo operato». Intanto l’avvocato ha già presentato istanza di riesame al tribunale di Firenze in relazione al sequestro di carte, documenti e computer dall’ufficio di via Bovini.

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