Lo jihadista ucciso dal cecchino curdo era un 36enne che abitava a Cervia

Rimini

 

RAVENNA. La sua foto circola da giorni su tutti i siti italiani e del mondo. Si chiamava Neji Ben Amara, ed è morto a soli 36 anni dopo un combattimento in Siria, ucciso pare da un peshmerga curdo, per la precisione un cecchino donna. Particolare che ha dato ulteriore slancio alla notizia.

Ma se all’inizio sembrava che quell’uomo fosse partito da Venezia alla volta del Medio Oriente, ieri una improvvisa testimonianza di una ragazza italiana residente a Ravenna ha invece indirizzato le ricerche dei servizi segreti italiani proprio sulla nostra città. Testimonianza che si è rivelata fondata: quell’uomo che sorride imbracciando un Kalashnikov ha infatti abitato dal 2003 al 2008 a Cervia, dove ha continuato ad avere dei legami negli anni successivi, anche dopo essersi trasferito a Milano al termine di un processo di avvicinamento al fondamentalismo islamico che lo ha poi portato ad arruolarsi nelle fila dell’esercito dell’Isis.

E combattendo per lo Stato Islamico Neji - nome di battaglia Abu Izat Al Islam - è morto lo scorso 3 febbraio, non lontano da Kobane.

Il suo nome e il suo volto erano comunque già conosciuti agli archivi delle forze dell’ordine di Ravenna nonostante risultasse formalmente incensurato. Segno di un monitoraggio efficiente del fanatismo sul territorio.

Neji si era infatti fatto notare soprattutto per il suo attivismo e le sue frequentazioni degli ambienti considerati più caldi. A lanciare la notizia della sua morte in Siria - rilanciata dai media nazionali - era stato nei giorni scorsi il giornalista Tony Capuozzo, ma le prime frammentarie informazioni parlavano di un ragazzo veneziano. Il caso aveva per questo destato l’interesse particolare dei giornalisti che però non avevano trovato conferme di un suo passaggio sulla laguna. Ma il mistero si è risolto ieri pomeriggio grazie alla testimonianza resa da una 34enne ravennate sposata con un uomo tunisino al giornalista Gabriele Vattolo di Veneziatoday. «Quel ragazzo si chiama Neji e non è veneziano, anzi credo che a Venezia non ci sia nemmeno mai andato - ha dichiarato la donna -. Quando abbiamo visto la foto io e mio marito l’abbiamo riconosciuto subito, spesso ci uscivamo insieme quando abitava a Ravenna. Poi è diventato un fanatico dopo essersi trasferito a Milano. Da quel momento è cambiato tutto. Ci hanno detto che è morto in un bombardamento ai primi di febbraio. Mio marito è un suo connazionale, abbiamo saputo che a novembre era partito per la Siria per combattere con l’Isis. Il suo fanatismo era cosa nota, visto che anche il suo profilo Facebook era stato chiuso per i messaggi che di volta in volta postava».

A rendere credibile la versione della ragazza c’era anche un dettaglio “tecnico”, la donna ha infatti fornito la foto intera (presa da Facebook) dell’amico che sorride con altri due miliziani, foto postata prima che il suo profilo fosse chiuso e ovviamente prima della sua morte in combattimento. In serata il Corriere Romagna ha poi ottenuto conferma da fonti investigative del fatto che Neji abbia effettivamente vissuto a lungo nel Ravennate. Si tratta in realtà del secondo caso accertato di foreign fighter transitato da Ravenna e morto in Siria. Il primo era stato segnalato nei mesi scorsi dai servizi segreti italiani alla Digos di Ravenna. Si trattava di un altro maghrebino (E. H. le sue iniziali) morto in combattimento oltre un anno fa durante un conflitto con le truppe regolari di Assad tra Aleppo e Damasco.

E. H. - stando a un’informativa dei servizi - era deceduto in battaglia poco dopo il suo arrivo in Medioriente. In passato aveva però vissuto per molti mesi a Ravenna, dove attualmente continua a risiedere la sua ex compagna.

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