Cesi «Zitti zitti fino all'orlo del precipizio»

Rimini

 

IMOLA. Troppo silenzio. E il botto così ha fatto ancora più rumore. Rimbombano forte 403 posti di lavoro che cadono, un’azienda storica in mano a un liquidatore, l’impegno, i risparmi, le quote e i prestiti sociali di 311 lavoratori che sono anche cooperatori. Imprenditori di se stessi, dice il motto cooperativo. Finché tutto crolla e in altrettanti restano lì a chiedersi perché. «Ci dicevano di non credere alle voci e ai giornali» sbotta qualcuno dei lavoratori che ieri mattina, dopo una notte di presidio, ha assistito alla conferenza stampa dei sindacati davanti ai cancelli dell’azienda. Altri rimbrottano i colleghi che sono anche ex consiglieri «avete avvallato di tutto e chi chiedeva è stato fatto fuori». Però sono tutti lì, anche gli ex consiglieri, tutti con un enorme punto interrogativo sul loro prossimo futuro.

«Zitti zitti hanno portato l’azienda sull’orlo del precipizio, con l’insita mancanza di trasparenza della cooperazione» sbotta anche Paolo Stefani della Cgil.

La liquidazione coatta è stata avviata, il liquidatore, il bolognese AntonioGaiani è stato nominato l’8 luglio, incaricato giovedì, manca solo la pubblicazione in Gazzetta.

I sindacati ora fanno la voce grossa, vogliono gli ammortizzatori, per tutti, non uno escluso. Ma non sarà troppo tardi? Colpa del silenzio, dicono tutti. Lavoratori, soci e sindacati, almeno. Legacoop no, in un’altra sede dice che all’ultima assemblea i soci erano consapevoli della situazione.

«L’azienda ha sempre pagato gli stipendi fin qui, non ha fatto nemmeno ricorso al piano di sostegno in vigore nel circondario per accedere a fondi, ha detto che aveva la situazione sotto controllo e che gli ammortizzatori, avviati a settembre dell’anno scorso, bastavano e ora siamo qui» dice Francesca Cocco della Cisl che ieri mattina ha raccolto anche la richiesta di diversi soci per avere un incontro di consulenza con i legali dei sindacati. Per ora nessuna azione di responsabilità nei confronti della dirigenza è stata avanzata. Anche perché quella nuova è in carica da gennaio, e gli umori neri dei lavoratori sono quasi unanimente rivolti più verso quella precedente, quella delle grandi opere e di quanto tutto andava bene, fino a qualche mese fa. «Ha del ridicolo che siamo stati noi, con i lavoratori fuori dai cancelli, a dire agli amministratori di questa azienda che era stato nominato un liquidatore - sottolinea Riccardo Galasso della Feneal Uil -. Sono 311 le persone che hanno investito dai 30 ai 40 mila euro nelle quote sociali, parliamo di un capitale sociale di 9 milioni complessivamente, dov’è? E l’indotto? Contiamo che saranno almeno altre 5000 persone ad essere toccate indirettamente dalla crisi della Cesi. Qualcuno dovrà accollarsi delle responsabilità. Intanto almeno l’interlocutore cambia, è il liquidatore».

«Saranno giorni pesanti e dovremo guadagnarci pezzo per pezzo le garanzie per non lasciare a piedi questi lavoratori -incalza Sonia Bracone della Cgil di categoria -. Chiediamo ammortizzatori sociali per tutti, di lunga durata, la ricchezza di questa azienda l’hanno creata anche questi lavoratori gli deve essere restituito quello che hanno dato». Intanto si fanno i conti su chi potrebbe scivolare verso la pensione, non molti, al massimo 70 pensione, ma accompagnati nell’arco di di 3/4 anni. Era una coop storica la Cesi, ma giovane.

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