Truffa in Regione: chiesti 4 mesi per l'ex sindaco Solaroli

Rimini

IMOLA. Il pubblico ministero Giuseppe Di Giorgio ha chiesto ieri al Gip - in rito abbreviato - la condanna a 4 mesi e 20 giorni più 200 euro di multa per Zoia Veronesi, storica segretaria di Pierluigi Bersani, e per l’imolese Bruno Solaroli, ex capo di gabinetto della Regione Emilia Romagna, accusati di truffa aggravata.

Secondo la tesi sostenuta dal pm, la Veronesi avrebbe percepito indebitamente dalla Regione, della quale era dipendente, 140mila euro di stipendio per svolgere a Roma il raccordo con il Parlamento dal 2008 al 2010, lavorando in realtà solo per Bersani.

Ieri, dopo aver fatto richiesta di giudizio abbreviato, hanno parlato gli avvocati difensori Paolo e Simone Trombetti e Cristina Giacomelli, che hanno chiesto l’assoluzione sostenendo l’assoluta correttezza dell’operato degli imputati. La sentenza è stata rinviata al 23 luglio.

All’ex sindaco sindaco di Imola Solaroli viene contestato di aver “creato” - nelle vesti del dirigente - l’incarico per l’assistente di Bersani.

L’inchiesta venne aperta a seguito dell’esposto presentato dall’ex deputato Enzo Raisi, nel 2010.

Bruno Solaroli, da parte sua, ha sempre sostenuto che «Zoia Veronesi aveva già la qualifica di “dirigente professional” fin dal primo gennaio del 2002, qualifica che mantenne fino al 2006 quando prese l’aspettativa per seguire Bersani a Roma, al ministero dello Sviluppo economico».

Quando cadde Prodi, la Veronesi tornò in Regione. In quel periodo Solaroli aveva l’incarico di riorganizzare i servizi. «Si trattava di unificare, sopprimere, rendere più efficace la macchina, risparmiare - spiegò in fase di indagine l’ex sindaco - tutto in un contesto che riguardava una decina di persone. All’interno di quel processo non feci altro che ridare alla Veronesi la qualifica che aveva avuto in precedenza».

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