Imola piange Loris Nanni, dagli anni d’oro del bar Parigi al successo del Mezcal

Imola

IMOLA. «Il Parigi era un bar dove se chiedevi una camomilla ti mandavano in quello di fianco, da Zanarini». C’è una vena di malinconia ma anche la consapevolezza di aver vissuto da protagonista o da spettatore anni irripetibili, di un’Imola impegnata ma pur sempre gaudente, goliardica e divertente che forse non tornerà più.

Il bar Parigi abbassò la serranda tanti anni fa. Ieri se ne è andato anche chi l’aveva ereditato dal padre e fatto grande nel vissuto di tanti imolesi. È morto Loris Nanni. Non aveva ancora 70 anni, li avrebbe compiuti tra un mese esatto. Si trascinava da tempo problemi di salute ma era sempre stato combattivo. «Ero andato a trovarlo quindici giorni fa, era in pensione ma aveva ancora voglia di fare», ricorda Tullio Chiocciola, per molti imolesi di quegli anni d’oro lo «Zio» (senza scomodare quello coi baffi dell’Italia Mundial), habitué di quel mitico ritrovo di via Mazzini, a dieci passi dall’orologio del Comune.

Ieri la notizia della morte di Loris Nanni ha fatto in fretta il giro di mezza città riportando alla mente di molti ricordi mai dimenticati. Dal mitico bar Parigi (soprannome di Ermanno, il papà di Loris), all’Idea, il locale di piazza Gramsci dei primi anni ’90 che lasciò poi il passo al Mezcal. Portare una taverna messicana in mezzo agli inverni fatti di gelo e nebbia del centro di Imola poteva sembrare follia. Fu invece azzeccato e quel locale su due piani, che ancora oggi è meta di centinaia di ragazzi, divenne una tappa obbligata delle serate nostrane.

«Loris era grande, era cresciuto alla scuola del babbo», ricorda Chiocciola ripercorrendo quegli anni ruggenti dove si accavallano facce, nomi e soprannomi più forti della stessa identità, da Zapata a Dosso (l’insegnante e scultore imolese scomparso poche settimane fa).

«Fu uno dei primi a fare i cocktail. E chi l’aveva mai bevuto un black velvet? E il pisco sour? Che anni al bar Parigi! E quando in inverno nevicava, Tognacci metteva il liquore Strega nella neve... Era un punto “nevralgico”: c’erano imprenditori che venivano lì a fare affari e trattative, ogni tanto passava Zizì (l’ambulante, altra figura mitica di quegli anni). Una volta – racconta ancora Chiocciola – Cesare, il vigile, aveva sete ed entrò dentro al bar con il cavallo per farsi una bevuta. Il Parigi, grazie a Loris, fu uno dei primi bar dove entrarono le donne, cosa che a quei tempi non accadeva».

Ma il Parigi di Loris fu anche covo di spettacolo. A testimoniarlo ci sono le foto che qualche anno fa, per non perdere la memoria, qualche ragazzo di un tempo regalò al mondo social con una pagina apposta: “Quelli che andavano al bar Parigi..”. «Si improvvisavano anche concerti. Mi ricordo Maurizio Solieri e il Gallo (nell’ordine chitarrista e bassista storici di Vasco Rossi) e pure Marco Lucchinelli (il campione del mondo della 500 prestato anche alla musica)».

Poi l’epopea del Parigi finì. Iniziò quella più esotica del Mezcal. Feste incredibili, mercoledì sera di code e spintoni per entrare nel locale, campioni di basket come avventori, Vincenzo Esposito a guidare il gruppo. «Furono anni bellissimi, Loris mancherà a tutti». G.b.

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