La Guida Michelin conferma il San Domenico di Imola nel gotha

Imola

IMOLA. «Le stelle? Più difficile confermarle che prenderle...». Il San Domenico però ci è riuscito ancora. Anche nella nuova edizione della prestigiosa (ma anche temuta) guida Michelin presentata all’Auditorium Paganini di Parma il ristorante aperto nel 1970 da Gianluigi Morini si conferma tra le eccellenze nazionali.

«A parte tutto - ragiona lo chef del San Domenico, Massimiliano Mascia, in cucina da anni assieme a Valentino Marcattilii - è difficile anche arrivarci alla stella. Il San Domenico ha conquistato la seconda nel 1977. Sono passati 42 anni, attraversando momenti storici particolari, anni di crisi globale, tendenze nuove. Negli ultimi 15 anni ad esempio il concetto di cucina è stato rivoluzionato. E il San Domenico è sempre rimasto ai livelli più alti».

In Romagna una stella a La Buca e due al Magnolia di Cesenatico, una a Guido e a Il Piastrino, rispettivamente a Rimini e Pennabilli, e una, per la prima volta, all’Abocar Due Cucine, sempre a Rimini. Confermate le tre stelle a La Francescana di Modena.

Negli ultimi anni come è cambiata l’immagine di uno chef?

«Semplice. Una volta dire faccio il cuoco voleva dire fare un “mestieraccio”. Ora sei in».

Quanto pesa la visibilità?

«E’ comunque positiva, significa che c’è attenzione al tuo lavoro. E di riflesso la visibilità sugli chef la porta anche ai tantissimi artigiani e produttori del territorio che consentono a noi di fare il lavoro in questo modo, con grande qualità. Il riflesso negativo è quando senti che tutti ormai sono diventati “esperti” di cucina, un po’ come quando tutti sono allenatori della Nazionale di calcio. Ogni tanto devi sorridere e far finta di niente».

I produttori locali hanno quindi un’importanza notevole sul successo della cucina del San Domenico.

«Certo, fa la differenza lavorare con aziende vicine perché c’è davvero la qualità oltre la freschezza del prodotto. Il km 0 non è una religione ma permette vantaggi. E qui in zona comunque c’è una vasta possibilità di scelta. Insomma, le eccellenze ci sono e noi le usiamo».

Quanto studia uno chef? Ci si può sentire arrivati?

«Arrivati mai. Io studio anche quando non me ne accorgo. La mente di chi lavora in cucina deve restare sempre assolutamente aperta. Bisogna sempre aggiornarsi, provare, sperimentare, anche a rischio di sbagliare».

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