L’avvocato imolese che si batte per il piccolo Alfie Evans

Imola

IMOLA. Da quando la magistratura inglese ha disposto il distacco delle macchine salvavita ad Alfie Evans, l’opinione pubblica si è sempre più interessata delle sorti del piccolo bimbo di 23 mesi affetto da una grave malattia neurodegenerativa. Ma l’avvocato imolese Filippo Martini il caso lo conosce da molto prima, precisamente da fine agosto scorso.

Anche lui, vicepresidente dell’associazione Giuristi per la vita, fa parte dei legali italiani della famiglia inglese che si sta battendo per portare Alfie in Italia per essere curato.

Del coinvolgimento nella vicenda dell’avvocato Martini se ne è occupato ieri mattina Buongiorno Regione, la trasmissione del Tg3 dell’Emilia Romagna. Ai microfoni della Rai, Martini esordisce ricordando che «il bambino sta continuando a sopravvivere e il dato reale più eclatante è questo. Dal 23 aprile, ore 21.40, questo bambino è ancora vivo e lotta».

È dall’estate scorsa che la famiglia Evans sta cercando un ospedale in Italia per ricoverare il piccolo Alfie. Al loro fianco dall’estate scorsa, l’avvocato Martini – che già aveva seguito le vicende di Charlie, un altro bimbo inglese finito al centro di un caso molto simile a quello di Alfie – nel servizio andato in onda ieri mattina ha raccontato come si è avvicinato al caso. «Ci è stato chiesto da persone vicine alla famiglia Evans di interessarci e di verificare la possibilità in quel momento di trovare le strutture ospedaliere in Italia che fossero disposte ad accogliere il piccolo per le cure».

E alla domanda della giornalista Simona Marchetti su quali sviluppi possono esserci dopo la concessione della cittadinanza italiana al piccolo Alfie, Martini puntualizza: «Alfie è un cittadino europeo, i suoi genitori anche e ha il diritto di spostarsi nel territorio europeo. Gli inglesi sono molto rigidi. Stanno anche cercando in qualche modo di impedire che si interferisca. In questo modo vogliono l’esclusivo possesso di quella che è la condizione del bambino nell’univoca direzione di una palliazione che lo porterà verso la morte. E non è la palliazione che proponevano (gli ospedali, ndr) Bambino Gesù e Gaslini».

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