«L'impianto va chiuso e bonificato

Rimini

IMOLA. Sul tavolo della Conferenza dei servizi sull’ampliamento della discarica ci sarà anche l’ultima relazione del comitato Vediamoci chiaro. Una relazione nata per controbattere alle integrazioni che Hera a depositato in Regione lo scorso 3 marzo.

«Una montagna di carta inutile, inaccettabile per mille motivi» è il commento di Marco Stevanin del comitato. Carenze sulla valutazione dell’impatto ambientale, analisi nei pozzi spia che indicano la presenza di sostanze inquinanti oltre i limiti di legge, discrepanze progettuali sull’impianto di gestione del percolato, l’estrema fragilità del territorio su cui si intende realizzare l’ampliamento. Questi i punti principali della perizia preliminare redatta da un gruppo di lavoro (oltre a Stevanin, ci sono Giulia Baldisserra e Giovanni Orlando di Terra srl, il ricercatore Fabrizio Bianchi, Cinzia Morsiani, il docente universitario Alessandro Buscaroli e l’avvocato Giuseppe Farina) che, pur non essendo obbligatoria, il comitato ha depositato volontariamente e che la Regione ha accolto.

«Sul percolato, la questione è molto strana. Nella risposta che Hera ha fornito alla Regione dice che il progetto presentato s’intende superato e che non è previsto alcun impianto di pre trattamento del percolato grazie agli investimenti effettuati. Non è chiaro però quali siano questi investimenti, visto che il progetto è ancora in fase di Via e quello presentato in precedenza prevedeva l’uso temporaneo della discarica» fa notare Cinzia Morsiani.

Altro tema caldo è quello delle analisi delle acque profonde. «I loro dati dicono che nei pozzi spia risulta tutto inquinato, ma la relazione che hanno fornito minimizza. In pratica dicono che ci sono sostanze rilasciate dal terreno, come se la discarica non esistesse». Per il comitato però la tesi non regge. Troppo elevati i livelli riscontrati di arsenico, cianuri, cromo IV, nichel, selenio e troppe perplessità sui criteri adottati per effettuare i rilievi.

Perplessità che nutrono anche sulla staticità del suolo. Se la discarica esistente poggia su un terreno più stabile, quello del futuro ampliamento «è una zona argillosa, una zona sismica in classe 2, come L’Aquila». «Molti geologi dicono che è impensabile che si faccia lì una discarica. Tra l’altro nel piano dei rifiuti della Provincia di Ravenna non è prevista alcuna in quel punto. Per tutte queste ragioni chiediamo subito che l’impianto venga chiuso e bonificato».

Ora l’attenzione del comitato è tutta rivolta all’avvio della Conferenza dei servizi, che include 22 enti, in programma lunedì 4 aprile e più avanti sulla marcia in programma domenica 10, percorrendo a piedi i 7 chilometri che separano il bar Renzo dalla discarica. Se al termine dell’iter amministrativo arrivasse l’autorizzazione a procedere con l’ampliamento, «impugneremo l’atto contro quegli enti che l’hanno concessa» rivela Stevanin. E oltre al piano amministrativo, la battaglia potrebbe andare anche su quello penale. «Stiamo studiando di fare un esposto, ma lo faremo nei tempi e modi dovuti, facendo una nuova perizia e individuando le responsabilità, tra cui anche quella di reato ambientale».

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