Le coop tengono nonostante la crisi

Rimini

IMOLA. È andata, fortunatamente, come si era previsto. Il 2015 dell’Alleanza delle cooperative imolesi va in archivio con dati positivi, sebbene nessuno si azzarda a dire che la crisi è alle spalle. Semmai si parla solo di miglioramento, che comunque denota un cauto ottimismo. Due i punti che saltano all’occhio dal pre-consuntivo 2015: la ripresa degli investimenti e un aumento dell’occupazione.

I dati forniti dall’Alleanza, sottolineano, non sono quelli definitivi. Molti bilanci, infatti, devono ancora essere chiusi (il tempo massimo è 180 giorni), ma la fotografia che emerge da questo preconsuntivo è abbastanza attendibile, «meglio avere una bozza oggi più che i dati definitivi a settembre», sintetizza il presidente Domenico Olivieri.

Entrando nel merito delle cifre, il quadro delineato presenta tutti segni positivi.

Il fatturato complessivo si attesta sui 2,14 miliardi di euro (+2,82% rispetto al 2014), l’export su 1,43 miliardi (+7,75%), gli investimenti sui 58 milioni (+ 42,98%), il numero totale degli addetti a quota 7.658 (+ 3,98%), e quello dei soci a 76.314 (+ 1,63%).

«Il 2015 è un anno che se uno lo guarda a prima vista dice che la situazione è in crescita. Va però detto che il territorio ha avuto due “grandi sinistri” (Cesi e 3 Elle). Metabolizzata questa cosa il 2015 ci dimostra che la cooperazione imolese c’è, investe, resiste, e che presenta un fatturato un po’ in crescita, ma non vuol dire che siamo guariti», precisa.

Come spesso accade analizzando dati di questo genere, a fare da traino sono le grandi cooperative meccaniche, Sacmi e Cefla, alle quali si unisce anche la Clai nel settore agroalimentare.

Ma al conto Olivieri ricorda anche quelle sociali (Seacoop e Solco in primis), e la Muzzi di Castel San Pietro. Più in generale il presidente attribuisce a tutte le imprese, grandi, medie o piccole che siano, il trend positivo. «Sono stati fatti molti investimenti. Crescono i soci. Crescono gli addetti, assunti a a vario titolo. Non siamo entrati nella disamina delle forme contrattuali, ma ci sono circa 300 anime in più che lavorano», sottolinea Olivieri.

Come si diceva, è comunque la prudenza a frenare gli entusiasmi di dati confortanti. Il territorio deve fare i conti con un settore pesantemente ridimensionato come quello dell’edilizia. Dal 2013 ad oggi, ad esempio, sono fallite la Iter di Lugo, la Cesi di Imola e la Costruzioni di Bologna, «tre imprese gemelle, a prescindere dalle loro dimensioni», annota Olivieri. C’è poi lo scenario internazionale da tenere sempre sott’occhio. Da un lato con le opportunità che possono arrivare dalla fine delle sanzioni in Iran, dall’altro le oscillazioni della finanza, la crisi del sistema bancario, le instabilità geopolitiche e il terrorismo.

«Fattori questi che possono creare un cambio repentino in ogni momento. È tutta un incognita per le imprese», ragiona il direttore Giuseppe Tubertini.

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