Per me è facile dire no

Rimini

Se parliamo di case chiuse, capisco che ognuno possa avere idee, convinzioni, aspettative. Persino ricordi più o meno nostalgici, per non dire romantici. Anche io rammento quelle belle signore per lo più bionde, sul lungomare, appoggiate al cofano di macchine sgargianti. Ricordo pure quelle serate giovanili tornando in bici dalla “palafitta del rock”, quando alla rotonda del Grand Hotel venivo accolto da richiami irresistibili di sirene meravigliose. C’è un però. C’è chi guarda la prostituzione con gli occhi di Amarcord e chi la guarda con gli occhi di don Oreste. Io ho avuto la buona sorte di incrociare i miei inizi da cronista con il don. Lo so, nessun merito, si chiama fortuna. Mi mandarono alla Grotta Rossa a intervistarlo e mi fece impazzire, fu un’impresa riuscire a inserirsi in quella fila infinita di persone che andavano a chiedere aiuto o gli mettevano in mano dei soldi “per chi ha bisogno”. Ecco. Don Oreste non aveva alcun dubbio: una donna non sceglie liberamente di prostituirsi, mai. Lo so lo so, la sento quella voce: non è vero, da che mondo è mondo le prostitute esistono, ci saranno sempre, tanto vale mettere delle regole, così pagano le tasse, così le controllo. E magari mi lavo anche la coscienza. Lo so, per me è facile sostenere che una prostituta è una schiava. Un giorno don Oreste mi telefonò. “Vieni alla Grotta Rossa”. E andai. Là con lui c’erano almeno venti ragazze, in fila nel corridoio che porta all’oratorio. Alcune giocavano con i loro bambini piccoli. “Vai dentro” disse. “Dentro dove?”. “Vai vai”. E mi spinse. Là dentro le donne ormai libere parlavano a turno con i poliziotti, stavano denunciando gli aguzzini, quelli che le avevano costrette a prostituirsi, minacciandole, ma ancora peggio, minacciando genitori o fratelli rimasti in Africa. Non sto qua a ricordare le violenze che raccontarono quel giorno, le lacrime che versarono quel giorno, la vergogna che provai quel giorno a stare là dietro con un taccuino in mano, pensando di tornare in redazione a scrivere tutto. Finché una ragazza, la più giovane, si girò e mi guardò. E mi sentii un verme. Mi alzai e scappai. Scappai. Non scrissi nulla. Ma ricordo tutto. E sono fortunato. Per me non è difficile dire “no” alle case chiuse. Giovanni Ramonda lo ha proposto pochi giorni fa: venite alla Papa Giovanni a conoscere le ragazze tolte dalla strada. Nel mio piccolo garantisco che funziona. Andiamo tutti ad ascoltare, poi non credo ci saranno più tempo e voglia di discutere di case chiuse.

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