Rimini, 21enne di San Marino ruba il video erotico di una 15enne e lo diffonde in rete

Rimini

RIMINI. Diffamazione aggravata e diffusione di materiale pedopornografico. Sono le accuse per le quali un ventunenne sammarinese, difeso dall’avvocato Giudo Perri, ha patteggiato – in fase di indagini, davanti al Gip del Tribunale di Bologna – la pena, sospesa, di un anno e tre mesi di reclusione. Il giudice ha disposto anche l’interdizione da qualunque futuro incarico nelle scuole di ogni ordine e grado e da uffici o strutture frequentate prevalentemente da minori. Il giovane (L.A. le sue iniziali) è accusato di aver “rubato” un video dal contenuto erotico dal telefonino di una quindicenne (lo aveva lasciato incustodito) e di averlo spedito a una chat di amici, dando vita così a una «vastissima diffusione anche tra i coetanei conoscenti della persona offesa».

Quel filmato, infatti, è circolato su “Whatsapp” e - passando di gruppo in gruppo, attraverso una compagna di scuola - è tornato nelle mani della stessa minorenne.

Lo choc della vittima

Uno choc per la ragazzina, completamente ignara del “furto”. Non aveva mai condiviso con nessuno il filmato, realizzato da lei mentre era sola e nell’intimità della propria stanza. Frutto dell’ingenuità di una adolescente alle prese con la scoperta del proprio corpo.

La “bravata” rischia di costare cara anche ai due presunti complici, incoscienti co-autori di quello che per loro era solo uno “scherzo” (non si sono preoccupati delle possibili devastanti conseguenze sulla vita della giovanissima). Entrambi, sammarinesi e amici dell’altro, rischiano di finire a processo con le accuse, senza la possibilità di ottenere lo “sconto” previsto dal rito alternativo.

Il risarcimento

Il ventunenne, per mitigare l’accordo sull’entità della pena, ha versato una somma alla famiglia della ragazza, assistita dagli avvocati Luca Greco e Marco Cenni, come un anticipo di risarcimento.

L’inchiesta sulla vicenda è stata svolta dagli agenti della sezione riminese della Polizia postale, su delega della Dda di Bologna, competente in materia. L’esposto della madre, basato sulle ricerche della giovanissima e delle sue amiche che si erano improvvisate detective, era sufficientemente dettagliato.

Tutto ha inizio durante una manifestazione sportiva alla quale la quindicenne assiste come spettatrice. Improvvisamente si accorge di non avere più con sé il telefonino. Si rivolge allo speaker che lancia un appello e il cellulare alla fine salta fuori. Le viene restituito, ma nel frattempo i ragazzi lo avevano raccolto e dato una sbirciata ai contenuti, imbattendosi nel video. Non si erano limitati a guardarlo, ma avevano ripreso il filmato direttamente dal display del dispositivo della ragazzina. Poi lo avevano girato al gruppo degli amici del calcio, senza pensare al fatto che lei non aveva nessuna intenzione di condividerlo, né alle possibili conseguenze.

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