Mahmood, il razzismo e la canzone italiana

Rimini

Salvini twitta, immediatamente dopo la vittoria di Mahmood a Sanremo, che lui preferiva la canzone di Ultimo, vera musica italiana, dice.

Qualche giorno dopo, l’onorevole Alessandro Morelli è primo firmatario di un progetto di legge della Lega per imporre alle radio di trasmettere musica italiana, per un terzo del totale. E per evitare di essere frainteso, aggiunge: «produzione musicale italiana, opera di autori e artisti italiani e incisa e prodotta in Italia». Non è chiaro ancora se nei gruppi che accompagnano gli artisti, possono suonare musicisti non italiani, se gli strumenti debbono essere tutti italiani. Questo non è ancora chiaro. Come non è chiaro se potranno essere trasmesse dalle radio le canzoni di Mina, che vive in Svizzera. O di Cocciante che è mezzo vietnamita e passa la gran parte del suo tempo in Francia. O i dischi di De Gregori o De Andrè o Venditti registrati in studi stranieri e con musicisti stranieri nella Band. E le canzoni di Wess e Dori Ghezzi? E Albano e Romina?

E nelle discoteche? Nei bar? Sempre 30%? E chi sovrintende?

Nel senso che, forse Salvini e Morelli non lo sanno, ma anche negli anni 20 e 30 era sorto un problema del genere. Musiche, balli, balle. I balli stranieri diventarono un grande problema. E anche i suoni sincopati, non lineari e puri, come quelli italiani. Il Jazz, il Jazz, divenne un problema. E fu abolito! Divieto assoluto per le radio italiane di trasmettere musica Jazz, “musica negroide”, si diceva. Però se fai una legge poi devi controllare la sua applicazione. C’era l’Eiar, Ente Nazionale per le audizioni radiofoniche, per sovrintendere alle trasmissioni e al loro contenuto. L’Eiar naturalmente si occupava anche dei locali da ballo, naturalmente. Per le musiche e per i balli, non bisognava “andare in sollucchero per le danze ombelicali di una mulatta”, scriveva il Popolo d’Italia. Ma non bastava, fu emanato anche un Regio Decreto per “il riordinamento della discoteca di stato, per il controllo dei testi”.

Qualcuno metteva anche in discussione Faccetta Nera, canzone simbolo dell’Impero, che però metteva troppo in evidenza la donna mulatta, rispetto all’italiana. Come ha scritto, Niccolò Vitturi, in un bel saggio sul fascismo e la canzone, il regime controllava tutto, per la purezza della canzone italiana, ma anche perché aveva paura del ridicolo, della messa in ridicolo dei suoi esponenti. La canzone “Maramao perché sei morto”, venne messa all’indice, si pensava mettesse in ridicolo Galeazzo Ciano. Così come il Trio Lescano, non solo perché erano olandesi, ma soprattutto perché cantavano: “Pippo, Pippo non lo sa/ che quando passa ride tutta la città/....”. Oggi pensate come potrebbe prenderla Toninelli. E cantavano anche: “si crede bello come un Apollo/ e saltella come un pollo/..”. Pensate a Di Battista e allo stesso Alessandro Morelli, guardateli bene. Ecco! Ho detto che sono fascisti? No, non si può dire! E poi sarebbe un insulto al fascismo, che è stata una cosa tragica non una farsa. Ma si respira un brutto clima. Bruttissimo. È razzismo? Sì, lo è! Chiudo con le parole di MAHMOOD, che risponde così a Salvini: “io non ho mai avvertito di essere diverso, la differenza me la stanno facendo avvertire oggi. Ho fatto le scuole con i bimbi russi, Bulgari, Rom. Il più figo della classe era cinese, quello più bullizzato era italiano, perché cicciottello, non per altro”. Capito? Chiaro? Come si alimentano le differenze e le paure e il razzismo?

(*) già Parlamentare

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