Rimini, la preside: studenti in gita senza tablet e cellulare

Rimini

RIMINI. In teoria sarebbe una missione al limite dell’immaginabile: lasciare un “adolescente medio” senza tablet o cellulare per più giorni. Ovviamente senza ricorrere alle punizioni esemplari. C’è chi ci è riuscito e non solo nessuno ha avuto contraccolpi emotivi o crisi di astinenza, ma alla fine si è scoperto che si può vivere anche senza. L’avventura è stata appena vissuta dagli studenti della scuola media “Panzini”, ma fra pochi giorni lo stesso capiterà ai colleghi della “Borgese”. Ricapitoliamo: tre giorni passati sull’Appennino bolognese (Corno alle Scale) per quella che una volta erano le “settimane bianche”, ma che ora sono diventate progetti educativi, con una forte vocazione alla inclusione. Ecco perché la tecnologia viene bandita.

Fuori connessione

Lorella Camporesi è la dirigente scolastica dell’Istituto comprensivo centro storico e racconta di come l’iniziativa “Sci e ambiente” sia nata tre anni fa, coinvolgendo gli studenti di seconda media. «Chi vuole va - racconta - gli altri restano in classe e approfittano per approfondire tematiche, sviluppare laboratori. Si tratta di un avvicinamento allo sci, ma con finalità inclusive, vengono coinvolti ragazzi con disabilità con risultati sorprendenti».

Inclusione ovviamente fa rima con dialogo, partecipazione, condivisione, relazioni. Quindi? «Vogliamo che i ragazzi socializzino - aggiunge Camporesi - stiano insieme, quindi per tutta la durata del progetto niente cellulari e niente tablet».

Alla fine, qual è il giudizio dei ragazzi? «Devo dire che secondo me l’iniziativa è gradita, magari prima di partire sembra impossibile resistere tre giorni senza telefonino, ma alla fine i ragazzi si rendono conto che si vive anche senza. Le adesioni al progetto negli anni sono in aumento, questa volta abbiamo fatto due gruppi. Se vogliamo sono più i genitori a soffrire, diciamo così, non potendo parlare con i figli ogni momento. Ovviamente diamo il numero di un insegnante per le comunicazioni».

Cellulare in cattedra

Ovviamente non si può fare finta che la tecnologia non esista, in questo la scuola ha un ruolo. «Cerchiamo di dare un senso all’uso del cellulare - ammette Camporesi - i ragazzi non possono essere tenuti lontani dalla tecnologia, li educhiamo a un uso critico. L’insegnante di tecnologia li usa in alcuni progetti. Si può stare anche senza cellulare, ovvio, ma può anche essere usato nella didattica».

Da direttrice scolastica, come “governa” centinaia di giovani con cellulare incorporato? «Allora, il regolamento è chiaro: il telefonino in classe deve essere spento, a meno che il docente non consenta l’uso didattico, ad esempio usiamo una app grazie alla quale riusciamo a creare classi virtuali».

Qualcuno cadrà in tentazione. «Ci sono, ci sono... In genere chattano mentre il professore scrive alla lavagna e pensano di non essere visti. In quel caso il cellulare viene ritirato, consegnato in segreteria e restituito ai genitori».

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