«La cucina romagnola è Top!». Il masterchef di casa “cucinerà” per Cibo

SANTARCANGELO. Valerio Braschi ha 21 anni e vive a Santarcangelo, ma da quando nel 2017 ha vinto la sesta edizione di Masterchef Italia, ad appena 18 anni, a casa in Romagna ci sta molto meno. Si è diplomato al liceo scientifico e la sua passione oltre alla cucina è stata il basket per 12 anni. Ma è proprio il suo innato talento ai fornelli che fa la differenza e ha fatto di lui la star che oggi collabora con le più importati aziende del settore, che presenzia a eventi in Italia e in Europa e che fra poco, ma non svela ancora nulla, aprirà un locale tutto suo a Milano. Intanto sta per lanciare una app di ricette che uscirà il 15 febbraio per dialogare con i suoi follower: oltre 102mila solo su Facebook e 127mila su Instagram. Proprio ai suoi appassionati seguaci sta facendo scegliere il titolo: “iFornelli” oppure “MeeFood”, dipende quale sarà il più votato. A quanto pare cucinare è un “vizio” di famiglia, piace al padre Roberto e anche al fratello Lorenzo, ma il masterchef “certificato” in famiglia adesso è Valerio e dalla prossima settimana avrà una sua rubrica proprio sulle pagine di “Cibo” del Corriere Romagna. «Racconterò le mie ricette con prodotti locali e non, e spiegherò a tutti il mio concetto di cucina». Intanto conosciamolo un po’ meglio.

Allora, che fine ha fatto il sesto vincitore di Masterchef Italia Valerio Braschi?

«È cresciuto, ha sperimentato la vera cucina, quella lontano dalle telecamere, quella dura in cui la parola d’ordine è RIGORE».

Guardi ancora la trasmissione?

«Qualche volta sì, non sempre a causa degli impegni lavorativi, ma la registro sempre».

Tutto vero quello che succede su quel set?

«Sì, pare strano, ma invece è così. I tempi delle prove, il giudizio etc etc sono quelli, ma i tempi morti sono devastanti».

Il tuo giudice preferito?

«Cracco senza ombra di dubbio. Il top».

Barbieri ti aveva invitato a lavorare nel suo locale Fourghetti di Bologna, ma non sei andato? Perché? Pentito?

«Non sono pentito, avevo 30 date firmate e un diploma da prendere. Dopo 5 anni di studio, mi avrebbe dato fastidio non avere il diploma».

Senti ancora qualcuno dei tuoi compagni di Masterchef?

«Sempre. Collaboro con qualche concorrente tipo: Marco Vandoni, Michele Pirozzi e Gabriele Gatti, con i quali facciamo serate nei ristoranti in giro per l’Italia, i cosiddetti pop up restaurant. Inoltre sono rimasto molto amico anche con Cristina Nicolini, mia grandissima amica e mangiatrice professionale di sushi».

Diciotto anni per partecipare e 21 per vivere quello che stai vivendo sono tanti o pochi secondo te?

«Io punto sempre al meglio, l’età conta relativamente».

Come hai cominciato a cucinare?

«Ho cominciato a cucinare a casa, quando mio babbo mi dava le casse di verdura e mi chiedeva la peperonata per la sera stessa, oppure guardando e aiutando mio fratello cucinare, bravissimo anche lui, anche forse più preciso di me».

Quando hai capito che cucinare era la cosa che ti piaceva di più e perché?

«Inizialmente la cucina era un hobby, ma ho deciso di fare quello che mi fa star bene, senza voler rinunciare ai miei sogni».

La cucina romagnola è...

« TOP!!!! È varia, saporita, gustosa, adatta a tutti. Piatti incredibili fatti con ingredienti poveri esaltati al massimo».

Se ti dicono pesce azzurro che cosa proporresti in menù?

«Il pesce azzurro è ottimo, sapore incredibile, grande reperibilità, grandissima varietà e costo basso. Meglio di così? Una ricetta che amo ed è facilissima: palombo di Santarcangelo. Palombo arrosto, frullato caldo di pomodorini, cipolla bianca di Santarcangelo marinata e olio sul basilico fresco».

La cosa che sai cucinare meglio?

«Adoro carne e pesce ma ora mi sto specializzando su una base che tutti conoscono ma pochi sanno fare nel modo migliore: i brodi».

Quella che ti piace di più mangiare?

«Lasagne della nonna senza ombra di dubbio. E le verdure al forno di mio babbo, patate peperoni melanzane e zucchine, talmente buone da essere chiamate verdure alla Rupert».

La preparazione che proprio non ti viene mai come vorresti?

«La maionese nel frullatore ad immersione. Non mi viene mai!! Eppure viene a tutti!! Invece quella a mano mi viene sempre e a dirla tutta la preferisco pure».

Il tuo chef di riferimento chi è e perché?

«Daniel Facen, uno chef top! Numero uno, colui che mi ha fatto appassionare allo studio della chimica in cucina e alla scoperta delle nuove tecnologie e di abbinamenti pazzeschi».

Ora affianchi la tua immagine a un ristorante non tuo, ma hai un progetto preciso vero?

«A breve aprirò il mio locale a Milano, ma non svelo ancora nulla sulla location o altro. Collaboro molto con la Ferramenta di Santarcangelo, il cui patron Rino Mini oltre ad essere un grande e mi ha dato la possibilità una volta al mese di far assaggiare le mie idee alle persone».

Come sarà la cucina del futuro?

«Nuove tecnologie, nuovi abbinamenti, nuovi sapori ma sempre basata sulla cucina tradizionale».

Cosa è importante oggi per chi si occupa di cibo come te?

«Un cuoco deve studiare, essere tecnico ma non avere le basi non serve a niente».

Frequenti produttori, casari, pescatori, contadini?

«Frequento piccole aziende in via di sviluppo che mi forniscono prodotti pazzeschi! In particolare Wagyu Sudtirol, il cui proprietario, Stefan Rottensteiner produce il vero wagyu, come quello in Giappone ma qui in Italia, allevandolo, macellandolo e vendendolo direttamente. Oppure “Fico essere Buono”, i cui padroni, Luca Santocito e Daniele Farchica, in Sicilia hanno creato prodotti a base di fico d’India buonissimi».

La tua spesa dove la fai?

«Il pesce e la carne dai pescivendoli e macellai di fiducia. Compro molto online, oppure dalle piccole aziende che mi danno cose spettacolari, ma anche al classico centro commerciale».

Quante ore lavori al giorno?

«Quando facciamo il servizio anche 15 ore al giorno. Durante gli eventi meno».

Lavori per raccogliere il gruzzolo che ti servirà ad aprire il tuo ristorante?

«Lavoro per imparare e migliorare. I soldi sono relativi, mi servono principalmente per essere indipendente, ma non sono la ragione del mio lavoro, altrimenti farei altri lavori meno pesanti e in cui si guadagna molto di più».

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