Rimini, dopo l’appello a Salvini arriva il rimpatrio

Rimini

RIMINI. Per riuscire a farsi espellere dal territorio italiano, dopo avere avuto il benestare del giudice, si è dovuto raccomandare al ministro Matteo Salvini.
Un appello che ha avuto successo: l’ambasciata marocchina, che finora aveva preso tempo richiedendo ulteriore documentazione e la traduzione in arabo delle carte processuali, è infatti disposta a venire incontro alle richiesta dell’uomo, già riconosciuto come proprio compatriota. Si tratta dell’epilogo, ormai previsto a breve, di una paradossale vicenda emersa nei giorni scorsi (ma la polizia penitenziaria di Rimini aveva già segnalato il caso e l’Ufficio immigrazione della questura lo aveva trattato come priorità). Con ogni probabilità è stata proprio la pubblicazione della notizia ad accelerare l’iter burocratico. Volerà a casa entro la fine del mese.
La storia, ai limiti del paradosso, dimostra ancora una volta quanto siano complicate (oltre che onerose) le pratiche di rimpatrio per gli irregolari. Difficile, al di là della propaganda, rispedire a casa chi non aspetta altro, figurarsi il resto dei seicentomila e passa disseminati lungo lo Stivale (ai ritmi attuale, di circa venti espulsioni al giorno, ci vorranno più di ottanta anni). Spuntano ostacoli di ogni genere, anche quando tutto potrebbe filare liscio. Il trentenne marocchino, protagonista della vicenda, ad esempio, ce l’ha messa proprio tutta per farsi espellere, prima di correre il rischio di trasformarsi a sua volta in un “fantasma”. Ha scelto da tempo, infatti, con il benestare del giudice, di essere espulso dall’Italia come pena alternativa alla detenzione. Il visto (necessario in quanto privo dei suoi originari documenti) finora gli era stato negato dalle autorità del proprio Paese. Le reiterate richieste di intervento al consolato marocchino di Bologna si sono scontrate con i protocolli burocratici previsti dal Marocco in queste circostanze. Il detenuto, può percorrere questa strada in quanto deve scontare una pena definitiva inferiore ai due anni per una serie di furti commessi in Emilia-Romagna: trasferito da Argenta (Ferrara) a Rimini, attraverso la polizia penitenziaria riminese, si è messo in contatto con gli uffici della questura, nel tentativo di affrettare i tempi. La scarcerazione è prevista a giugno, ma nel suo caso la libertà per “termine” pena coinciderebbe con l’acquisizione dello status di clandestino, di questi tempi, evidentemente, non il massimo. L’uomo, così, si è rivolto direttamente al ministro dell’Interno, Matteo Salvini: potrebbe non essere una coincidenza la ritrovata disponibilità del suo Paese d’origine (lo stesso questore Maurizio Improta si era prodigato per sollecitare la “pratica”).
L’attività dell’Ufficio Immigrazione della questura, nel 2018, ha trattato più di diecimila istanze per il rilascio o rinnovo di permessi di soggiorno, raccolto e istruito istanze di protezione internazionale e adottato provvedimenti di espulsione dal territorio nazionale: sono aumentati infatti, lo scorso anno, sia decreti di espulsione notificati (215), sia gli ordini del questore di lasciare il territorio nazionale (151) con trattenimento presso i centri di permanenza per il rimpatrio. Nel nuovo anno l’Ufficio è di nuovo al lavoro sul fronte degli extracomunitari: alle difficoltà dei rimpatri si aggiungono le espulsioni dai centri di accoglienza. Dai Casetti, intanto (dove sono già stati mandati via dall’Italia quattro presunti simpatizzanti dell’Isis), sono diversi gli stranieri che si informano sulla possibilità di seguire l’esempio del marocchino. 

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