Piccoli gesti di ordinario sessismo

Rimini

Da quando sei bambina ti abitui ad avere a che fare con mille “piccoli” gesti, espressioni e comportamenti che si assimilano così profondamente e in maniera così morbida nella tua quotidianità, che riconoscerli per quello che sono davvero diventa quasi impossibile. Li chiamerò piccoli gesti di “ordinario sessismo”. Personalmente, sono cresciuta in una famiglia in cui l’idea della “superiorità” dell’uomo sulla donna è sempre stata ritenuta inverosimile. Ricordo bene che una delle cose che mio padre mi diceva spesso quando ero piccola era che “non dovevano esistere discriminazioni tra uomini e donne”. Eppure, sui libri di storia che studiavo appassionatamente si parlava quasi esclusivamente di uomini. Come se dal Paleolitico (dopo aver sbrigato in una paginetta le società arcaiche matriarcali) alla Seconda guerra mondiale fossero esistiti solo uomini, eccezion fatta per Isabella di Castiglia, Elisabetta I e poche altre. Ah giusto, di donne si parlava anche nelle pagine in cui si narravano i roghi di streghe. Al contrario, delle statue e dei dipinti celebrativi, sempre e solo uomini! Da bambina ribelle come sono sempre stata, tutte queste discrepanze tra uomini e donne urtavano profondamente la mia sensibilità. Poi mi sono accorta che anche a casa mia, ad apparecchiare e sparecchiare la tavola, a cucinare e pulire era sempre mia nonna. Poi, crescendo, mi sono imbattuta nella necessità di guardarmi le spalle quando camminavo sola di sera, ad “abituarmi” a pensare a cosa indossare, sapendo di dover fare dei tratti di strada in solitudine di notte (lo so, non è certo l’abbigliamento la causa di uno stupro, ma vestita in un certo modo non mi sentivo sicura). Tutte “abitudini” che negli anni di università a Bologna si sono irrobustite, diventando, purtroppo, parte della mia “normalità” di oggi. Poi le “battutine” per strada, i commenti spesso poco gradevoli cui si impara a non far caso, tirando dritto e aumentando il passo. E poi, si apre il mondo del lavoro. La consapevolezza che se non dovrai scegliere tra carriera e famiglia sarai molto fortunata, che molte donne ancora oggi in Italia questa possibilità non ce l’hanno e magari, firmando delle dimissioni “volontarie”, metteranno la “x” sulla possibilità di crescere professionalmente e affermarsi. Oppure, semplicemente, magari proprio perché donne, non incontreranno la chance di raggiungere i “piani alti”, i vertici. Sarà per questo che quando vado alle conferenze stampa di gruppi aziendali e spesso, purtroppo, anche istituzionali, seduti di fronte a me al tavolo dei relatori vedo quasi sempre solo uomini? La società certamente si è evoluta da quando mia nonna era ragazza, e proprio perché tale non ha potuto studiare. Ma di strada ce n’è ancora tantissima da fare, sia tra i banchi del Parlamento, che nelle coscienze delle donne e degli uomini.

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