La “colletta” dei ferrovieri salva un uomo malato di tumore dal gesto estremo

Rimini

RIMINI. Un uomo sconosciuto in preda al panico, un suicidio che blocca il traffico ferroviario e un ragazzo con indosso la divisa di Trenitalia. Quelli che sembrano i presupposti di un dramma sono invece gli elementi che hanno dato vita a una storia di altruismo e umanità, esempio della capacità di sfidare la diffidenza e andare oltre al pregiudizio.

Giuseppe Capaldo, 31enne riminese che lavora presso lo stabilimento Omc locomotive Rimini di Trenitalia, lo scorso pomeriggio si è trovato per puro caso protagonista di una vicenda al contempo drammatica e commovente.

«Avevo appena accompagnato un collega in stazione – racconta il giovane ferroviere, ripercorrendo i passaggi di quanto accaduto lo scorso pomeriggio intorno alle 14 –, quando un uomo in piedi sul piazzale si dirige verso di me in un evidente stato di panico».

“Tu sei di Trenitalia, forse mi puoi aiutare”. Sono queste le parole che l’uomo anziano, probabilmente sulla settantina, ha rivolto a Giuseppe, in un irrimediabile stato di ansia e agitazione. «Appena ottenuta la mia attenzione mi ha subito chiesto come potesse fare per raggiungere Ancona, perché – riporta Giuseppe – la linea ferroviaria era stata interrotta a causa di un suicidio proprio nella tratta tra Rimini e il capoluogo marchigiano. Se non riesco ad andare ad Ancona mi butto anche io sotto un treno mi ha detto poi l’uomo».

Parole che alle orecchie di Giuseppe Capaldo non sono sembrate solo frutto di agitazione e panico. La carica di drammaticità che le accompagnava, insieme alle urla e alle altre frasi sconnesse pronunciate dall’uomo, hanno indotto il ragazzo a prestare sincera attenzione a quella richiesta di aiuto. «Lui, infatti, mi ha spiegato che doveva assolutamente sottoporsi a una visita medica che attendeva da tre mesi, poiché malato di un tumore alla prostata. Per incontrare il medico anconetano era partito la mattina da Milano e non poteva assolutamente mancare quella visita».

Il giovane dipendente di Trenitalia si è subito messo alla ricerca di una soluzione per permettere all’uomo di arrivare a destinazione, ma come racconta lui stesso: «Non c’erano treni disponibili e i bus non gli avrebbero permesso di arrivare in ospedale ad Ancora in tempo. Così, l’unica soluzione praticabile era quella del taxi. L’anziano – puntualizza Giuseppe – mi aveva domandato se potessi accompagnarlo direttamente io in macchina, ma dovendo prendere servizio a breve, non ero proprio in grado di assecondare quella sua richiesta».

Il taxi, però, è risultato avere un costo di 180 euro: un prezzo che il viaggiatore milanese ha affermato di non poter sostenere. «Diceva di non poter chiamare la moglie e di non avere denaro a sufficienza con sé. La sua disperazione mi ha convinto ad aiutarlo». Giuseppe riferisce allora di aver prontamente contattato i colleghi per organizzare una colletta con la quale pagare la corsa del taxi numero 47. «In 15 hanno risposto al mio appello e siamo riusciti a permettere a quell’uomo disperato di partire da Rimini alla volta di Ancona».

Alla domanda «Non hai pensato che quell’uomo fingesse?» Giuseppe risponde senza dubbi: «No, era sincero. La sua angoscia era autentica: mi sono sentito di aiutarlo. Quando il taxi è arrivato e gli abbiamo consegnato il denaro per pagarlo mi ha abbracciato e mi ha detto Sei il mio angelo».

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