Atti sessuali con l’allieva minorenne, chiusa l’indagine sul professore

Rimini

RIMINI

Atti sessuali con una minorenne. È l’accusa per la quale rischia il processo l’ex insegnante di un istituto superiore della provincia di Rimini (viene volontariamente omesso ogni dettaglio che possa rendere identificabile anche indirettamente la giovanissima coinvolta), arrestato prima di entrare a scuola dalla polizia il 30 gennaio scorso. Il pm Paola Bonetti ha notificato all’uomo (che si trova agli arresti domiciliari nell’abitazione dei genitori ed è difeso dagli avvocati Alessandro Buzzoni e Roberto Brunelli) l’avviso di conclusione delle indagini, preludio alla richiesta di rinvio a giudizio. Secondo l’accusa il docente, da ottobre 2017 a gennaio 2018, avrebbe compiuto atti sessuali in diverse occasioni con la ragazzina quindicenne, sua allieva all’epoca dei fatti e quindi a lui affidata per ragioni di educazione, istruzione e vigilanza. Il capo di imputazione che gli era stato contestato con l’ordinanza di custodia cautelare viene integrato anche con l’avere scambiato con lei, attraverso Whatsapp, messaggi audio e immagini di carattere sessuale. Contatti tanto inappropriati quanto espliciti, con la ragazzina di trenta anni più giovane.

Nel corso dell’interrogatorio di garanzia davanti al giudice Vinicio Cantarini il docente ha respinto con decisione l’accusa più grave che gli ha spalancato le porte del carcere: «Non ho mai avuto rapporti sessuali con lei, non ci siamo mai toccati, ma semplicemente scambiati messaggi che ora riconosco essere inappropriati: posso soltanto scusarmi». L’uomo, che attraverso i legali ha chiesto di riacquistare la libertà, ha raccontato di essersi sempre comportato in maniera impeccabile in venti anni di insegnamento e “spiegato” di essere caduto in una specie di spirale di superficialità, nonostante le remore e le resistenze iniziali. Non è chiaro se chiederà di essere interrogato di nuovo, come è suo diritto in questa fase. Al Gip riminese, quasi per cercare una giustificazione ai suoi stessi occhi, aveva anche riferito che sarebbe stata lei a procurarsi il numero di cellulare e sempre lei a farsi avanti su Facebook. «All’inizio ho cercato di tenerla a distanza... ». Il “gioco” si sarebbe limitato, secondo la versione del professore, allo scambio di messaggi di contenuto sessualmente esplicito. Tutto confinato, quindi, all’immaginazione e alla fantasia.

I genitori della minore parte offesa si sono rivolti all’avvocato Alessandro Sarti, animati dalla necessità di proteggere la figlia, salvaguardarne salute e integrità psico-fisica. «Non ci sono spazi per ambiguità o sottigliezze: se verrà dimostrato che il professore ha davvero compiuto atti sessuali con un’allieva di quell’età sarà da considerarsi “automaticamente” colpevole» ha sostenuto a suo tempo al Corriere l’avvocato Sarti. Il codice penale parla chiaro: la fattispecie contestata non contempla violenze, abusi o inganni, ma “guarda” semplicemente alla posizione di preminenza e autorità morale dell’adulto.

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