Non chiudono le tube: risarcita dopo 14 anni con ventimila euro

Rimini

RIMINI. Il chirurgo si dimentica di chiuderle le tube, Azienda Usl condannata dalla Corte d’Appello di Bologna a risarcire alla donna e al marito 20mila euro. È questa la somma che è stata riconosciuta a 14 anni di distanza dall’operazione “saltata”. Il tribunale civile di Rimini aveva invece stabilito che non c’era stata alcuna responsabilità del medico ed aveva respinto la richiesta di risarcimento.

La storia

Il terzogenito, “inaspettato”, era arrivato dopo un parto gemellare. Un bella responsabilità per una famiglia monoreddito. Per questo la signora, all’epoca 37 enne, di comune accordo con il marito, decise di firmare l’assenso affinché, una volta entrata in sala parto ad Ostetricia-Ginecologia dell’Infermi, avrebbe approfittato del taglio cesareo (era alla 38ª settimana di gestazione) per farsi sottoporre anche all’intervento più drastico per una donna in età fertile: la chiusura delle tube. Tornata a casa, alcuni mesi dopo durante una visita ginecologica, con grande sorpresa scoprì che solo per puro caso non era rimasta incinta un’altra volta. Il chirurgo, infatti, non aveva eseguito l’intervento di sterilizzazione così come era stato programmato. Immaginabile lo stupore della signora e del marito davanti a questa inaspettata comunicazione. I coniugi hanno così deciso di far valere le proprie ragioni davanti alla giustizia ed hanno chiesto ai giudici civili di riconoscere l’errore di cui erano stati vittime.

Richiesta respinta dal tribunale di Rimini ma non dalla corte d’ Appello di Bologna che ha riconosciuto ad entrambi il danno biologico e da stress nella misura, come detto, di 10mila euro ciascuno. I coniugi erano assistiti dall’avvocato Saverio Bartolomei.

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