Parla il capo dei nomadi: «Toglieteci dal ghetto poi giudicateci»

Rimini

RIMINI. Oggi, dopo montagne di polemiche, si terrà il consiglio comunale sullo smantellamento del campo nomadi di via Islanda. L'inizio è previsto alle 9 e si annuncia una seduta infuocata con tantissima gente. Il Corriere Romagna ha intervistato il capo dei nomadi. 
«Tirare dritto per la propria strada, c’è una legge regionale da rispettare e va rispettata». A parlare è Enrico Prina, presidente della Comunità Sinti e Rom di Rimini. Il suo è una sorta di appello in direzione del Comune perché «non sia bloccato dalle polemiche, ma vada avanti per dare una risposta alla chiusura di via Islanda che attende ormai da troppi anni».

Prina, la soluzione delle microaree la condividete?
«Sì, è quella giusta. Il Comune sta facendo bene e spero che non si blocchi ma raggiunga dei risultati concreti. Noi lo diciamo da tempo: servono delle zone per ogni singolo nucleo familiare. O delle aree o delle case, ma comunque i nuclei vanno divisi».

Perché ritiene così importante dividere i nuclei?
«Perché è l’unico modo per fare “uscire allo scoperto”. Mi spiego meglio: se c’è qualcuno che si comporta male, se c’è qualcuno che non segue le regole, diventa difficile individuarlo all’interno di un campo comune come quello di via Islanda. Discorso diverso se ogni singola famiglia viene messa in una propria soluzione abitativa».

A quel punto crede che le contestazione finirebbero?
«Io dico che prima di giudicarci bisogna liberarci dal ghetto di via Islanda. Preciso che sono da anni in una casa, sono da anni che pago l’affitto, le bollette e sono anni che vedo quel campo come un problema per decine e decine di Sinti che avrebbero bisogno di un altro tipo di casa».

Cosa pensa delle contestazioni che vengono mosse nei confronti dei Sinti?
«Penso che capisco, capisco il malcontento che si può creare ma dico anche di non fare di tutta l’erba un fascio e dico che i cattivi ci sono ovunque. Per questo aggiungo che chi sbaglia all’interno della nostra comunità deve essere punito dalla legge e a noi va bene perché quella persona fa un danno anche al resto dei Sinti, quelli che lavorano e che devono nascondere la propria etnia da anni per paura di essere licenziati. E stiamo parlando di italiani da centinaia di anni, di riminesi da tante generazioni. Lo ricordo solo perché ogni tanto qualcuno se ne dimentica e ci tratta come se nulla ci spettasse».

Lei crede che il Comune andrà avanti lungo la propria strada?
«C’è una legge, che è quella regionale, che chiede la chiusura dei campi nomadi perché ha giustamente capito che si tratta di luoghi che non possono più esistere. Il rispetto delle regole viene chiesto ai Sinti, a tutti, quindi auspico che anche questa legge regionale sia rispettata».

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