Crollo della natalità: culle mai così vuote

Rimini

RIMINI. Mai così vuole le culle riminesi. I dati parlano chiaro e dicono che nel Riminese si nasce sempre di meno. Due annate a confronto, per dire: nel 1964 erano nati 1.955 bambini, lo scorso anno soltanto 1.142. E se si arriva oggi a queste cifre è grazie al fatto che nascono i figli degli immigrati. La vicesindaca di Rimini Gloria Lisi, che ha anche la delega ai Servizi sociali, lancia l'allarme. "I segnali delle ragioni di questa inarrestabile denatalità - scrive Lisi - sono ben evidenti se si guarda alla realtà di tutti i giorni con attenzione; una realtà fatta di un’assenza di reddito stabile, di giovani che faticano ad entrare nel mondo del lavoro e che quindi si staccano con maggiore difficoltà e timori dalla famiglia di origine, di coppie che in assenza di una rete famigliare che possa garantire loro un sostegno non hanno le possibilità di sostenere il carico di un figlio, di donne e uomini costretti a fare i salti mortali per conciliare i tempi del lavoro con le necessità dei figli. Allargare la famiglia al giorno d’oggi non è più solo una prospettiva da accogliere godendosi la gioia e la felicità che questa comporta, ma – usando un approccio molto pragmatico e fuori di retorica - per molti è anche un progetto da costruire solo dopo aver messo pilastri stabili". E’ necessaria - secondo l'assessora - una revisione delle politiche di welfare, che siano maggiormente attente alle nuove esigenze di famiglie sempre più ‘mature’ ma spesso più fragili. "Ciò avviene in numerosi altri Paesi europei, c’è da chiedersi come mai anche su questo fronte l’Italia sia indietro per quello che riguarda politiche di ‘quoziente famigliare’ o analoghe che comunque sostengano in misura crescente chi sceglie di mettere al mondo un bambino. Come Comune di Rimini stiamo provando a mettere in campo svariate azioni – dal sostegno alle famiglie numerose, supporto alla genitorialità e alla maternità, agevolazioni alle giovani coppie, family card, contributi affitto e per le utenze, diritto allo studio – iniziative che vanno oltre ai contributi o sgravi di tipo economico. Questo è quanto può fare un ente locale, nella consapevolezza e frustrazione che non basta. Sul fronte del welfare c’è tanto da fare e basta guardare anche a vicine esperienze oltre confine per accorgersi che gli spunti non mancano: noi come amministrazione crediamo fortemente in un welfare di comunità, dove non sia solo l’ente pubblico a farsene carico, ma una sinergia tra pubblico, privato e le diverse componenti della società. A livello nazionale la situazione non è diversa: sono necessari interventi urgenti, strutturali, anche innovativi, per cercare di riempire queste culle sempre più vuote”.

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