Gadget del Ventennio fuorilegge

Non scalda particolarmente il cuore a Predappio la risoluzione approvata dall’assemblea legislativa della Regione Emilia-Romagna con il voto favorevole di Pd e Sel e l’opposizione di Forza Italia, Fratelli d’Italia e Lega Nord per chiedere alla giunta guidata da Stefano Bonaccini di intervenire nelle sedi opportune «affinché il reato di apologia del fascismo sia esteso anche alla vendita e diffusione dei gadget e oggetti con immagini del regime fascista e nazista - si legge nella risoluzione presentata dalla consigliera riminese Pd Nadia Rossi - e venga inserito nel codice penale consentendo così la repressione dei reati legati alla riproduzione di atti linguaggi e simboli». Il sindaco Giorgio Frassineti commenta: «L’economia predappiese non si regge sul commercio dei gadget, noi abbiamo una partita Iva ogni dieci abitanti e le autorizzazioni sono state concesse oltre vent’anni fa. Posso essere d’accordo con questo tipo di risoluzione, ma mi aspetto anche il passaggio successivo che è quello di non dimenticare un periodo della nostra storia finito male, ma che va fatto comunque conoscere alle giovani generazioni. Quindi il passo successivo deve essere l’investimento in cultura e conoscenza, esattamente quello che noi abbiamo proposto di realizzare nella Casa del Fascio con il museo sulla storia del Novecento e quindi mi aspetto che arrivino presto i 2 milioni di euro promessi per la ristrutturazione». «Ma il museo sarà gestito dall’associazione partigiani e mi pare un controsenso - ribatte Domenico Morosini, patron di Villa Carpena -. In quanto ai gadget ricordo che anche Donna Rachele era contraria a quelli che inneggiavano alla guerra, altri invece sono innocui e a mio avviso si deve continuare a commercializzarli».

Intanto la promotrice, Nadia Rossi aggiunge: «E’ un segnale che abbiamo voluto dare contro la banalizzazione della storia e del male rappresentato dall’autoritarismo fascista. La vendita di questo tipo di gadget è molto diffusa e non possiamo confondere questa tipologia di commercio con fenomeni di folklore. Lo dobbiamo a chi ha visto limitate le proprie libertà durante il ventennio e a chi ha permesso poi di costruire una società democratica sui ruderi lasciatici in eredità. La memoria non può essere offuscata a mere logiche commerciali».

Newsletter

Iscriviti e ricevi le notizie del giorno prima di chiunque altro Clicca qui