Sefi Idem: «Passaggio importante per garantire il pluralismo dell'informazione»

Rimini

Si chiama libertà di stampa ed è prevista dall’articolo 21 della Costituzione, ma per molti piccoli quotidiani rischia di essere un diritto negato se – oltre all’approvazione della Riforma dell’editoria (già passata alla Camera e ora in esame al Senato) – il Governo non erogherà in tempi brevi anche le risorse per il 2015. Se questo non avverà, la riforma rischia di diventare davvero una scatola vuota con tante buone intenzioni e poche concretezze. Tanti quotidiani locali e piccole testate no profit devono chiudere i bilanci dell’anno passato, ma navigano ancora nella totale incertezza.

Tra i senatori romagnoli a Roma c’è anche Josefa Idem, l’ex campionessa ravennate di canoa, senatrice del Pd, che in questi giorni di passaggio della Riforma al Senato si sta interessando da vicino alla questione.

«La Riforma dell’editoria è un passaggio importante per garantire il pluralismo dell’informazione previsto anche dalla Costituzione – afferma Sefi Idem –. Nell’ambito dei contenitori che prevedono contribuzioni pubbliche c’erano ambienti in cui era necessario rivedere le gestioni per scremare gli abusi e le irregolarità. Il legislatore con la riforma vuole garantire proprio la pluralità d’informazione, ma anche superare gli abusi e garantire trasparenza. La riforma va nella direzione di sanare le irregolarità e di dare delle risposte al mondo dell’editoria con una legge che imponga regole chiare, trasparenza e innovazione. I contributi sono un aspetto fondamentale che fa parte di questo processo di riforma e sono certa che saranno assegnati. In questo periodo di transizione e di incertezza, tante testate locali devono però stringere i denti per arrivare in piedi all’approvazione della riforma, per questo occorre cercare di ridurre i tempi il più possibile, con l’auspicio che i fondi del 2015 vengano erogati in un periodo ragionevole. Mi rendo conto che c’è una evidente contraddizione in atto: da un lato si vuole garantire un diritto costituzionale, dall’altro, dilatando i tempi, si mettono a rischio anche le testate che hanno sempre agito con correttezza. Bisogna trovare un punto d’incontro tra la volontà di portare a termine la riforma e la mancanza di risorse per l’anno già passato. Nelle intenzioni del legislatore questo c’è e mi auguro che i contributi vengano assegnati presto per evitare il rischio di buttare via il bambino con i panni sporchi. In Senato la questione sarà trattata al più presto, rappresenta una delle priorità e la speranza è di riuscire a chiuderla senza ulteriori passaggi dopo il lungo iter che ha già visto alla Camera».

Non esistono certezze sui tempi, ma è quindi ragionevole pensare che i contributi del 2015 saranno erogati il prima possibile?

«Non siamo in grado di fornire date, ma la priorità sulla questione c’è. Ho parlato personalmente con la presidente della Commissione Affari Costituzionali Anna Finocchiaro che ha confermato la necessità di accelerare i tempi. Finocchiaro ha sottolineato che la Riforma dell’editoria è un provvedimento importante, che vanno volorizzate le audizioni fatte alla Camera e che è a conoscenza delle criticità che esistono dovute alla mancanza di contributi del 2015, per questo confida che i tempi siano brevi».

Senatrice, come valuta gli aspetti della Riforma?

«Trovo che il tema del pluralismo e della libertà dell’informazione sia tutelato in tutti i suoi aspetti. Si tratta di un testo unificato che punta a riformare e a innovare il sistema dell’editoria in modo organico. È positivo il fatto che punti a investire sulle nuove tecnologie, sull’innovazione e sui giovani. Per quanto riguarda l’accesso ai contributi, trovo giusto che vengano esclusi i giornali di partito e le testate che non fanno informazione nel senso più puro del termine, e che i contributi vengano concessi a quelle aziende che operano nel rispetto delle regole e che applicano il contratto collettivo di lavoro. La riforma prevede nei dettagli norme e aspetti che garantiscono una gestione moderna, innovativa e trasparente».

L’alleanza tra i grandi gruppi (Rizzoli-Mondadori e Stampa-Repubblica) crea concentrazioni pesanti che rischiano di mettere in difficoltà i piccoli quotidiani. Secondo lei sarà garantita la pluralità dell’informazione?

«Credo che uno degli obiettivi della riforma sia proprio questo: punta a sanare gli abusi e a stabilire norme chiare, ma anche a garantire gli equilibri permettendo a chi rispetta le regole di sopravvivere nell’oceano dell’informazione dove convivono grandi gruppi e piccoli editori e dove le notizie corrono su carta, in tv e online. Come cita la Costituzione “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”. È un dovere del legislatore far rispettare questo diritto».

Un emendamento alla Riforma stabilisce l’obbligo per l’impresa che vuole accedere ai contributi di adottare misure idonee a contrastare qualsiasi forma di pubblicità lesiva dell’immagine del corpo della donna: è d’accordo su questo punto?

«L’emendamento ricalca quello che già una legge vigente prevede. L’orientamento del legislatore è già questo, ritengo che se si fanno propri questi valori è giusto non accettare la pubblicità lesiva dell’immagine della donna. Questo però non significa che vanno demonizzati i pubblicitari che la propongono, ma va aperto un confronto con loro per cercare di fare in modo che cambino immagine. A volte non è così semplice distinguere tra pubblicità lesiva e aspetti goliardici, soprattutto in un territorio come la Romagna dove si utilizzano termini un po’ volgari ma non sempre con malizia. Vanno chiariti i casi limite e va dato un riferimento in caso di dubbio, un ente al quale rivolgersi, per evitare di incorrere in sanzioni».

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