Confiscato il Caffè delle Rose

Rimini

RIMINI. Per salvare i propri beni, compresa la licenza del Caffè delle Rose, da un possibile sequestro perché già indagato per reati fiscali, ha intestato la proprietà del locale a due “teste di legno”. Ma è stato scoperto e ieri mattina la guardia di finanza ha sequestrato a fini di confisca, facendolo così diventare di proprietà dello stato, il locale di Marina centro. Il reale proprietario dell’attività Pasquale Granatiero, classe ’77 da Manfredonia (Bari) e i suoi tre prestanome, sono stati invece indagati per fittizia intestazione di attività.

Era il maggio del 2013, quando in pompa magna venne riaperto il Caffè delle Rose. Pasquale Granatiero non aveva resistito al richiamo di fotografi, telecamere, taccuini dei cronisti e senza esitare aveva risposto di essere orgoglioso di essere il nuovo padrone di uno dei luoghi della città cari a Federico Fellini e Giulietta Masina.

Peccato però che il giovane imprenditore del mondo della notte e della ristorazione, con interessi in Emilia Romagna e Abruzzo, agli occhi della legge non si potesse fregiare di quel titolo: per evitare che il Fisco mettesse la mani sul suo patrimonio dopo essere stato indagato e condannato a Pescara per emissione di false fatture, ha infatti intestato le quote del locale a due dipendenti del Caffè delle Rose mentre ha lasciato la licenza in carico ad una srl. Un escamotage che il nucleo di polizia tributaria del comando provinciale della guardia di finanza di Rimini ha scoperto durante uno dei tanti servizi che vengono attivati, per esempio, quando dall’oggi al domani nasce una attività magari gestita da un esimio sconosciuto del settore. Così, quando un militare delle Fiamme gialle, dopo aver preso una consumazione è tornato in caserma e ha controllato la rispondenza dei dati riportati sullo scontrino, ha scoperto che la partita Iva non combaciava affatto con i dati fiscali di Granatiero.

A questo punto la macchina investigativa si è messa in moto e le Fiamme gialle, coordinate dal sostituto procuratore Paolo Gengarelli, hanno iniziato a scandagliare la vita “finanziaria” di Granatiero e dei tre soci. “ Inchiodati” i prestanomi, individuata la scatola cinese che conteneva la licenza del locale di Marina centro, di una gastronomia a Bologna, di uno stabilimento balneare con ristorante sulla spiaggia di Pineto (Teramo), finanza e procura hanno ravvisato la sussistenza degli estremi per applicare la norma di legge che consente il sequestro a fine di confisca dei tre beni riconducibili a Granatiero. Imprenditore con «grave carenza di disponibilità economiche necessarie alle proprie minime quotidiane esigenze» scrive la procura, iscritto nel registro degli indagati con i suoi tre dipendenti-prestanome per fittizia attestazione di attività.

Ieri mattina le Fiamme gialle si sono quindi presentate a Marina centro con il decreto di sequestro. Il Caffè è stato chiuso ma siccome il provvedimento adottato prevede la possibilità di tenere le attività in vita affidandole a un amministratore giudiziario (il dottor Gianfranco Ferrucini) cui spetterà il compito di scegliere la nuova gestione, tutta l’attività inerente i sigilli è stata subito eseguita come subito sono state portate alla Caritas le derrate alimentari a rischio deperimento. Non dovrebbero essere a rischio, invece, i posti di lavoro dei quattro dipendenti che sono risultati estranei alla vicenda. Analoga scena si è ripetuta a Bologna e sulla costa teramana. Il totale dei beni sequestrati (non i muri perché non sono di proprietà di Granatiero) è di circa 2milioni e 300mila euro.

Newsletter

Iscriviti e ricevi le notizie del giorno prima di chiunque altro Clicca qui