Pena raddoppiata in appello per il minore:il complice ragazzino condannato a 28 anni

Rimini

RIMINI. La pena raddoppia in appello per il baby-killer, l’ultimo degli accusati a finire in manette, dopo aver tentato la fuga in Francia. Il giovane albanese, all’epoca dei fatti ancora diciassettenne, per i giudici di secondo grado è da ritenersi pienamente coinvolto nel duplice omicidio di Silvio Mannina e Lidia Nusdorfi. Il Tribunale dei minorenni di Bologna lo aveva invece riconosciuto colpevole, in concorso, soltanto del primo delitto mentre lo aveva assolto dal secondo. Gli è stata inflitta, così, al netto dei benefici della giustizia minorile, la pena complessiva di ventotto anni di reclusione (in primo grado gli erano stati dati quindici anni).

I giudici, nonostante l’imputato abbia sempre negato ogni responsabilità, non solo lo collocano sulla scena del delitto Mannina intento a stringere il cappio attorno al collo della vittima assieme a Dritan Demiraj, l’amico di famiglia, sotto gli occhi di Monica Sanchi (all’epoca fidanzata di Demiraj) e con la partecipazione indiretta di Sadik Dine (zio di Demiraj), ma valutano in qualche modo “fattiva” anche la sua collaborazione alla spedizione punitiva rivolta contro Lidia Nusdorfi.

Il minorenne, difeso dall’avvocato Simone Sabattini, in primo grado, invece, non era stato considerato responsabile, neppure in concorso, nell’omicidio di Lidia Nusdorfi, assassinata dal reo confesso Dritan Demiraj. Il giovanissimo rimase nell’auto assieme a Monica Sanchi, mentre l’assassino accoltellava a morte l’ex compagna a Mozzate: ha sempre sostenuto di non conoscere lo scopo del viaggio in Lombardia.

Demiraj, reo confesso prima dell’omicidio di Lidia Nusdorfi e poi anche di quello di Silvio Mannina (il cadavere fu trovato in epoca successiva nell’ex cava a San Martino dei Mulini) aveva sempre cercato di scagionare il giovanissimo connazionale.

Il legale di parte civile, avvocato Alessandro Buzzoni, ha ipotizzato per il minorenne un ruolo di testimone-attivo nel compimento della duplice vendetta: una specie di “garante”, con il compito di contribuire, verificare e raccontare in patria che Dritan aveva lavato il disonore del tradimento con il sangue.

Per l’accusa Demiraj progettò il doppio delitto passionale, in un unico disegno criminale, per eliminare sia la donna che l’aveva abbandonato sia il giovane sconosciuto che sul profilo Facebook alla voce “relazione” aveva malauguratamente scritto di essere fidanzato con lei sebbene la storia fosse già finita.

I tre imputati adulti sono a loro volta a processo davanti alla Corte di assise di Rimini sempre per le morti violente di Silvio Mannina (Rimini, 28 febbraio 2014) e Lidia Nusdorfi (Mozzate, 1 marzo 2014) con l’accusa di duplice omicidio volontario aggravato, occultamento di cadavere, violenza privata, rapina, porto abusivo di coltello.

Lunedì prossimo, 14 marzo, dopo le repliche, i giudici togati e no si riuniranno in camera di consiglio per la sentenza. Il pm ha chiesta l’ergastolo per Demiraj e per Sadik Dine (difesi dall’avvocato Massimiliano Orrù), trenta anni di reclusione per Monica Sanchi (difeso dall’avvocato Nicola De Curtis). Della vicenda si è occupata mercoledì scorso la trasmissione “I Fatti vostri” (Raidue). Il conduttore Giancarlo Magalli ha ospitato in studio Emma e Simona, rispettivamente madre e sorella di Silvio Mannina, accompagnate dall’avvocato Buzzoni (è intervenuto telefonicamente l’avvocato Massimiliano Orrù). La signora Emma spera che la giustizia non faccia sconti agli assassini, che non hanno manifestato segni di pentimento. «In udienza i due uomini fanno i gesti con le dita in segno di vittoria, ci ridono in faccia. Ora chiedono scusa? Ci prendono in giro da quando entriamo fino a quando usciamo e adesso che siamo alle fasi finali ci chiedono scusa?». Scuote la testa, ha perso un figlio: ammazzato dopo essere stato a lungo seviziato e torturato. (and.ros.)

Newsletter

Iscriviti e ricevi le notizie del giorno prima di chiunque altro Clicca qui