Finisce l'era Di Marco, il timone ora passa a Meli

Rimini

RAVENNA. Alla fine, Di Marco non l’ha spuntata: al termine del suo mandato, scaduto ieri, il ministro Delrio non gli ha concesso la proroga e ha nominato al suo posto un commissario. Secondo le aspettative, a guidare l’autorità portuale di Ravenna da oggi e probabilmente fino al varo della riforma portuale sarà il comandante della Capitaneria Giuseppe Meli. A darne notizia è stato ieri mattina il sindaco di Ravenna Fabrizio Matteucci, informato dallo stesso Meli e poi dal ministro Delrio: ma a ieri sera non risultavano invece ancora comunicazioni ufficiali al presidente uscente Galliano Di Marco che, in carica dal 2012, fino alla tarda mattina di ieri sperava almeno nella proroga “legale” del mandato dei 45 giorni concessi per norma e sufficienti per tornare al tavolo tecnico a discutere dei nuovi progetti in campo sull’escavo dei fondali. «Non ho ricevuto nessuna comunicazione dal ministro Delrio né dalla Direzione generale dei porti che è la mia direzione vigilante. Sono in ufficio al lavoro», si è limitato a commentare Di Marco.

Erano i primi di febbraio dello scorso anno quando, con un colpo di scena, il numero uno di Confindustria Guido Ottolenghi si dimise dal comitato portuale sfiduciando Di Marco e in aperto contrasto con il “progettone” dell’hub portuale che, faraonico, prevedeva espropri per decine di milioni di euro laddove sarebbero dovute sorgere le basi logistiche del porto, tra i terreni agricoli di Porto Fuori. Le polemiche furono aspre anche con i residenti, che di vedersi attorniare da muri di fango di dragaggio del porto, proprio non ne avevano voglia. Dalle dimissioni di Ottolenghi dovettero passare altri sei mesi prima dell’archiviazione ufficiale del progettone e il ridimensionamento del piano. Nel mezzo, ci si mise il sequestro delle casse di colmata a Trattaroli, le cui autorizzazioni risultarono scadute: con i sigilli alle vasche, Di Marco dovette rifare i calcoli sul posto a disposizione per il deposito dei fanghi. Per questo, si arrivò alla rimodulazione del progettone e il numero uno dell’ente di via Antico Squero abbandonò definitivamente l’idea degli espropri. Ma è a settembre scorso, nel corso del comitato portuale riunito per fare il punto sulla rimodulazione del progetto di escavo del porto, che esplode la “bomba": in quella sede Di Marco azzardò l’opzione delle casse di colmata a mare lungo le dighe foranee e il sindaco Fabrizio Matteucci, prima disposto allo studio della soluzione, di lì a poco la bocciò.

La frattura è fatta. Prima il Comune, poi gli altri enti locali sfiduciano Di Marco e il rinnovo del suo mandato comincia a traballare. Il sindaco chiede al ministero di Delrio l’istituzione di un tavolo tecnico al ministero pronto a studiare la rimodulazione del progetto di dragaggio: è quella che Matteucci definisce la “cabina di regia”, lasciando presagire la volontà di commissariare Di Marco. Il presidente dell’autorità portuale resiste e non si dimette: presenta tre opzioni diverse di escavo del Candiano, una delle quali non contempla più le casse a mare.

I residenti di Marina intanto si sollevano e il caso finisce in Consiglio fino alla sua bocciatura politica ufficiale. Ma il sipario cala su Di Marco solo ieri: ora, il nuovo presidente verrà nominato dopo il varo della riforma che il ministro conta di portare a termine entro aprile.

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