"Spazzati" via altri cento spacciatori

Rimini

RIMINI. “Kebab connection”: la polizia municipale di Rimini fa il bis e porta in cella 45 persone con l’accusa di spaccio di sostanze stupefacenti. Dopo la maxi retata di due anni fa, che aveva interessato una cinquantina di persone con le stesse accuse, nella notte, e per tutta la giornata di ieri, gli agenti hanno eseguito complessivamente 87 misure di custodia cautelare, di cui 45 in carcere, su un totale di 101 persone indagate.

L’attività del Nucleo ambientale finalizzata a stroncare i giri di spaccio nella piazza riminese non è mai cessata e, dando seguito alla prima operazione conclusa alla fine del 2013, ieri notte è scattata “Kebab connection 2”. Alcuni dei pusher sono gli stessi già finiti nei guai la volta precedente: una volta liberi, avevano ripreso a spacciare, affiancati da nuovi “collaboratori”, allargando fra l’altro il loro campo d’azione. Se prima la vendita di droga si concentrava principalmente in centro storico e nel quartiere Borgo Marina, nei pressi di negozi di kebab (da cui il nome dell’operazione), negli ultimi mesi gli spacciatori avevano iniziato a spingersi in zone periferiche, parchi ed edifici abbandonati (come ad esempio le ex colonie), suddivisi in aree di influenza a seconda della regione o del paese di origine della banda di malviventi, per la maggior parte nordafricani. Mentre una zona di spaccio andava dal centro città fino al quartiere di Bellariva ed era prevalentemente sotto il controllo di stranieri provenienti dalla città di Tunisi, quella dal quartiere di Bellariva fino a Miramare, era presidiata da stranieri provenienti dalla regione tunisina di Sfax, così come una terza zona (quella di San Giuliano, Rivabella e Viserba) era territorio di spaccio di nordafricani di varia provenienza. Tre gruppi quindi che, pur agendo in maniera autonoma, mantenevano comunque tra loro dei rapporti di scambio della sostanza stupefacente o degli stessi acquirenti, ed erano stati in grado di allargare la “rete” anche alle provincie di Ravenna e Forlì Cesena. In vendita c’era un po’ di tutto, dall’hashish e marijuana, all’eroina e cocaina. A Rimini, lo scambio di droga avveniva per lo più nei parchi o, per le zone più periferiche, tra le cabine della zona a mare. Luoghi più facili da indicare per essere raggiunti dagli acquirenti che in molti casi arrivavano anche da altre località. Un intenso commercio avveniva anche vicino alla stazione e nell’azione criminosa i pusher erano supportati dalle proprie compagne italiane, finite tra gli indagati. L’indagine degli agenti della Municipale ha anche consentito di individuare nel bar Arcobaleno di corso d’Augusto (attualmente chiuso) un ulteriore luogo di incontro e smercio di droga, preparata e venduta in una stanza al piano superiore del locale. L’attività investigativa, coordinata dal procuratore capo Paolo Giovagnoli e dal sostituto procuratore Marino Cerioni si è conclusa lo scorso anno in primavera e all’inizio di quest’anno il gip Sonia Pasini ha emesso le prime ordinanze. Il blitz è scattato ieri alle 2 e gli agenti hanno “visitato” residence, edifici abbandonati (tra cui l’ex bar Terminator vicino alla stazione) e il campo nomadi di via Islanda per stanare i pusher. Dieci indagati sono stati arrestati in flagranza; ad altri sette, che si trovavano ancora in carcere dalla volta precedente è stato notificato il nuovo provvedimento. Tra i 101 indagati c’è anche un minorenne la cui posizione è stata passata al Tribunale dei minori di Bologna. Tra i 45 destinatari della custodia cautelare in carcere ci sono trentasei tunisini, sei marocchini, un italiano, un palestinese e un albanese, già destinatari dello stesso provvedimento due anni fa. Quattordici persone hanno ricevuto l’obbligo di dimora e 28 (soprattutto marocchini e tunisini) l’obbligo di firma. Durante l’operazione, che ha visto impegnati 115 uomini e donne della polizia municipale, sono stati sequestrati anche piccoli quantitativi di droga. Tredici persone, per la maggior parte straniere, risultano tuttora latitanti. Qualcuno è tornato nel proprio paese di origine. Tra questi un tunisino che risulterebbe lavorare come guida turistica. Il prossimo passo sarà quello di individuare i “fornitori” dai quali si approvvigionavano i pusher. Imponente l’attività di indagine: 69 linee telefoniche intercettate con oltre 50mila conversazioni raccolte, 60mila ore di registrazione audio, 3mila ore di registrazione con video telecamere, 3mila ore ascolto audio, 14 sequestri amministrativi. Il comandante della polizia municipale Fabio Mazzotti ha speso parole di elogio per i suoi agenti: «La polizia municipale tra i suoi compiti ha quello di garantire la sicurezza urbana. Per condurre questa operazione abbiamo impiegato risorse che vanno ben oltre quelle dell’attività classica e la scelta è stata premiata dai risultati, importanti per aumentare la percezione di sicurezza dei cittadini. Grazie alla procura che ha valorizzato le nostre risorse affidandoci deleghe come queste e grazie all’impegno di tutti gli agenti». Il procuratore capo Paolo Giovagnoli ha sottolineato: «Questa attività giudiziaria nasce dalla fase esecutiva della precedente. La nostra è un’attività di “contenimento”. A volte i tempi di detenzione preliminare sono relativamente brevi anche se esiste la prova di un’attività continuativa e del rischio di reiterazione del reato. È come mettere acqua in un recipiente che poi torna in mare. Risultati come questo devono essere utili al legislatore per valutare come fare, quali misure adottare».

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