Scomparso nel nulla 70 anni fa: la Procura riapre il caso

Rimini

RAVENNA. Il padre Giuseppe sparì nel nulla il 7 febbraio del 1945 quando era ancora bambino. Partito in bicicletta alla volta di Ferrara per andare a prendere medicinali per l’ospedale di Alfonsine, da quel giorno non l’ha più visto né avuto sue notizie.

La denuncia. Questo fino all’autunno scorso quando il figlio Tomaso ha appreso che le spoglie dell’ex vigile urbano potrebbero trovarsi in un pozzo delle vecchie scuole elementari di Borgo Fratti. Desideroso di dargli «una degna sepoltura» si è così rivolto all’autorità giudiziaria chiedendo che venissero avviate le ricerche dei resti, rendendosi disponibile ad accollarsi «anche le spese». Un appello - riportato dal Corriere Romagna a ottobre - che non è caduto nel vuoto. A 71 anni di distanza, la Procura ha infatti deciso di riaprire questo “cold case”.

Le ricerche. Con i carotaggi e le trivellazioni preliminari di ieri, hanno preso il via i sopralluoghi finalizzati alla ricerca del cadavere dell’uomo. Lo scavo vero e proprio verrà effettuato nei prossimi giorni, ma nel frattempo tecnici e operai hanno eseguito una serie di attività preparatorie per studiare la composizione del terreno e valutarne la stabilità in vista dell’intervento.

Si cerca dunque di fare luce su una vicenda inserita in quel periodo oscuro tra rappresaglie e vendette incrociate sul finire della guerra che sembrava appartenere ormai solo ai libri di storia. La svolta si è avuta nel maggio scorso quando Tomaso Argelli, assistito dall’avvocato Federica Zaccarini, si è rivolto ai carabinieri di Alfonsine sporgendo denuncia. Un atto nero su bianco molto dettagliato che ha portato all’apertura di un fascicolo a carico di ignoti per omicidio volontario e occultamento di cadavere.

La storia. Tomaso Argelli aveva solo dieci anni quando vide il genitore per l’ultima volta. Stava dormendo con lui quando due persone si presentarono alla porta della loro abitazione incaricandolo di recarsi a Ferrara. Era l’unico vigile urbano rimasto in servizio e non si tirò indietro; d’altronde non era la prima volta che veniva impiegato in missioni del genere. «Ma ebbe un brutto presentimento - ricorda il figlio -. Mi abbracciò, mi strinse a lungo e uscì». Fece lo stesso con la moglie, in dolce attesa, poi indossò la divisa e partì senza più far ritorno a casa. I congiunti capirono che doveva essergli successo qualcosa di grave quando, un mese più tardi, un amico di famiglia oggi deceduto disse ai parenti di averlo visto sul Ponte della Bastia, lungo la linea di fronte sull’argine del Senio. Lo stesso posto dove, alcune settimane più tardi, furono trovati i suoi documenti.

Una scomparsa quella di Giuseppe Argelli tanto improvvisa quanto anomala che ora, a decenni di distanza, potrebbe restituire una realtà completamente diversa.

Sul Corriere Romagna oggi in edicola una pagina sull'intera vicenda

Newsletter

Iscriviti e ricevi le notizie del giorno prima di chiunque altro Clicca qui