Spara mentre il ladro scappa: assolto

Rimini

RIMINI. Quando la notte tra il 6 e 7 agosto del 2011, vide la moglie strattonata e gettata a terra dal ladro in casa, non esitò ad imbracciare il fucile: un primo colpo - a vuoto - partì per sbaglio, durante la breve colluttazione, un secondo colpo il proprietario lo esplose mentre il ladro era in fuga, a dieci metri da lui, sul cancello dell’abitazione. «Ho sparato in aria», ha sostenuto l’uomo al processo che lo vedeva imputato con l’accusa di lesioni aggravate. Il fuggitivo, infatti, due giorni dopo si era presentato al pronto soccorso per una ferita d’arma da fuoco alla caviglia e, dopo aver scontato la condanna per il furto compiuto, pretendeva di essere risarcito per il danno subito.

Il giudice del Tribunale di Rimini ieri ha assolto lo “sparatore”, un pensionato riminese di sessantasei anni (difeso dagli avvocati Moreno Maresi e Mattia Lancini) sulla base del secondo comma dell’articolo 530 (assimilabile alla vecchia insufficienza di prove). La presunta parte offesa, un giovane originario dello Zambia, assistito dall’avvocato Monica Gabrielloni, non avrà un centesimo: la legge, in quanto imputato in un procedimento connesso, gli conferiva una credibilità “ridotta” e i necessari riscontri non sono stati sufficientemente solidi. Non c’è la prova che la ferita alla caviglia sia la diretta conseguenza dello sparo del pensionato. Per capire il ragionamento del giudice bisognerà attendere le motivazioni (90 giorni). Quando si presentò in ospedale perché la ferita, curata alla buona, si stava infettando gli chiesero conto della lesione, e fu lui ad ammettere che a sparargli con un fucile da caccia era stato un italiano mentre lasciava il giardino di un’abitazione, nella zona di via Liguria, nella quale aveva cercato riparo per qualche minuto, per «sfuggire a una “retata” della polizia». Il proprietario non aveva raccontato in un primo momento la circostanza degli spari (quello accidentale e poi quello in aria), ma aveva denunciato l’intrusione e così scattarono le manette per lo straniero. Condannato in primo grado per rapina, in appello si è visto derubricare l’accusa in furto (ed è caduta anche l’accusa di lesioni nei confronti della padrona di casa che era rimasta ferita a un piede, rimasto chiuso nella porta). Alla fine se l’è cavata con una pena a due anni e quattro mesi, già scontata. Una carta in favore della difesa è rappresentata dal referto radiografico che parlava di frammenti ferrosi nell’arto del ferito, «ma non pallini». «Se volevo sparargli addosso - spiega l’imputato - da quella distanza lo avrei centrato. Ripeto: ho sparato in aria per farlo scappare. Chi l’ha ferito? Sarà stato qualcun altro». Il pm per lui aveva chiesto la condanna a sei mesi.

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