Alberto Alessi ha ritirato il Premio Artusi

Rimini

FORLIMPOPOLI. «Io e Pellegrino facciamo lavori diversi ma abbiamo diverse cose in comune. Così come lui scriveva di cucina e non era un cuoco, io produco oggetti di design ma non sono un designer. Come lo fu lui, anche io sono un mediatore. Noi raccogliamo idee e creiamo una sintesi sapendo che tenere salde le radici è l’unica condizione per innovare davvero». La sintesi, in questo caso, è quella di Alberto Alessi, guida della omonima azienda di famiglia di oggettistica per la tavola e la casa a cui ieri è stato conferito il Premio Artusi 2015. Alessi Forlimpopoli non l’aveva mai vista, «per me era quel signore che in tv fa la pubblicità ai divani - scherza Alessi - sapevo dell’esistenza di Casa Artusi ma non pensavo che mi sarei trovato davanti a una realtà così strutturata e interessante, sono davvero positivamente sorpreso». «Se è vero che il made in Italy in tutto il mondo ci è invidiato per cibo-moda-design, Alberto Alessi ne è l’emblema per eccellenza - così lo ha presentato il presidente di Casa Artusi Giordano Conti - . Egli infatti li rappresenta tutti e tre: il cibo, per avere nobilitato semplici utensili da cucina in oggetti cult da collezione; moda, perché ancora oggi fanno tendenza nel mondo; design, per avere trovato una sintesi tra creatività e uso quotidiano. Nell’anno dell’Expo il Premio Artusi non poteva che essere assegnato al rivoluzionario del design industriale». «Il nostro ruolo non è solo essere una fabbrica di oggetti, ma un laboratorio di ricerca nel campo delle arti applicate, noi mediamo fra le espressioni più avanzate della cultura materiale contemporanea e le persone comuni che utilizzano quegli oggetti nella vita quotidiana». Un laboratorio italiano ma aperto al mondo. «L’italianità del design ormai non dipende più dalla nazionalità di origine del designer - spiega ancora Alberto Alessi -, ma è una somma di pratiche di lavoro che solo in una azienda italiana i designer di ogni parte del mondo possono trovare al momento di dover realizzare la loro idea». Gli oggetti firmati Alessi che hanno segnato gli ultimi decenni di design sono diversi, basta pensare allo spremiagrumi di Phillipe Stark, al bollitore di Michael Graves, alla caffettiera espresso La Cupola di Aldo Rossi. Per avere una panoramica vale la pena dare uno sguardo alla mostra allestita a Casa Artusi che racconta la sua storia, per la prima volta in Emilia Romagna, aperta al pubblico fino a oggi (domenica 27 settembre): “Alessi, storie di design”. L’oggetto a cui l’attuale presidente dell’azienda dice di essere più legato è la caffettiera disegnata da Richard Sapper: «La feci realizzare come omaggio al mio nonno paterno Alfonso Bialetti, che inventò molto prima la sua caffettiera ottagonale in alluminio. Fu il nostro primo oggetto da cucina, prima facevamo altro. E’ in produzione dal 1979». Alberto Alessi rappresenta la terza generazione della famiglia lombarda che regge l’azienda omonima. Dopo la laurea in legge all’Università Cattolica di Milano, entra in azienda, è il 1970, occupandosi della parte commerciale, dei nuovi prodotti e della comunicazione. Attualmente è presidente di Alessi spa e responsabile per il design management, il marketing strategico e la comunicazione. Della scena del design contemporaneo dice: «La qualità media del design oggi è più elevata di quarant’anni fa, in questo momento però è più difficile che in passato trovare quelle punte di espressione creativa. Inoltre l’attuale enorme produzione di oggetti fa sì che abbondino anche le ... schifezze».

Laura Giorgi

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