L'accusa del vescovo Toso: «Chi licenzia non ha la coscienza a posto»

Rimini

FAENZA. “Misericordiosi come il Padre”. E’ questo il titolo della “Lettera pastorale al popolo di Dio che è in Faenza e Modigliana”, presentata ieri dal vescovo Mario Toso a sei mesi dall’insediamento. Il tema principale del messaggio episcopale è dunque la Misericordia, poiché l’8 dicembre inizia l’anno giubilare dedicato da papa Francesco a tale argomento. Ma visto il particolare momento, denso di problematiche inerenti lavoro, economia, famiglia, salute, politica, comunicazione sociale, la lettera si addentra in tali campi, diventando monito ed esortazione: «indicazione di un metodo per essere presenti nella storia e realizzare un umanesimo integrale» ha detto Toso stesso. Non mancano pertanto sottili “stoccate” all’attuale sistema, ai politici e ai modelli instaurati, ispirandone una revisione all’insegna della misericordia. Ne esce un contributo spirituale e filosofico, ma anche concreto, da inserire con competenza nell’anno santo e nei molteplici impegni di questo periodo della chiesa italiana. Chiesa che attraverso le diocesi intende giocare un ruolo di primo piano nella società, chiamando a raccolta i cattolici, soprattutto nei campi enunciati, e puntando su importanti appuntamenti all’orizzonte, quali il prossimo convegno di Firenze “In Cristo un nuovo umanesimo”, il sinodo dedicato alla famiglia nel mese di ottobre in Vaticano, il giubileo dei giovani di Cracovia. Il Vescovo sarà inoltre il 21 settembre a Bologna, relatore al convegno della Cei “Giovani e lavoro: da precari a protagonisti” (Teatro Galliera alle 15). Nella lettera le sei aree specifiche (lavoro, economia, famiglia, salute, politica, comunicazione sociale) sono trattate con il metodo del discernimento: vedere, giudicare e agire. «Quanto sta ora avvenendo a Faenza - ha tuonato Toso, riferendosi alla protesta in atto dei lavoratori della Cisa - trova corrispondenza nei capitoli della lettera. Occorre vedere la situazione con occhio critico, giudicarla (cioè valutarla esprimendo un giudizio) e quindi agire. Chi sono i veri interlocutori? Chi ha il capitale? Interloquire con direttori e intermediari non porta a risultati. Chi sono le persone che si assumono la responsabilità sociale e morale dei licenziamenti, delle delocalizzazioni? Non certo i dirigenti. Chi decide di chiudere sta più in alto, e se cattolico non può avere la coscienza tranquilla dinanzi a Dio». E’ ovvio che ne risultano coinvolti anche i politici: “Lo Stato”. «Per agire occorre dunque mobilitare lo Stato, come è stato fatto, con che risultati bisogna vedere. Uno Stato che ha la sua autonomia, ma che è fatto di persone che hanno la loro fede. Ecco la fede che entra nel lavoro, nell’economia, nella politica: non è normale che i cattolici vadano in direzioni diverse e contrarie a ciò che dice la loro fede». Tra i propositi del vescovo quello di aprire a novembre una scuola diocesana per formare giovani sulla Dottrina sociale della Chiesa. Entro l’anno pastorale saranno inoltre terminati “La casa del Clero” e lo spostamento della Caritas. Nella lettera appaiono infine i luoghi giubilari: cattedrale di Faenza, concattedrale di Modigliana e chiesa di San Michele a Bagnacavallo.

Francesco Donati

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