Botte dall'ex pugile come avvertimento per un debito di droga

Rimini

RIMINI. Il mancato saldo di un debito di droga avrebbe scatenato la reazione dell’ex pugile: ripreso a sua insaputa dalla telecamera dell’impianto di videosorveglianza del bar, ha risfoderato per una volta il gancioche riservava sul ring agli avversari. Il gesto, svuotato della nobiltà del confronto sportivo, si è rivelato in tutta la sua viltà agli occhi dei carabinieri che ne hanno ricostruito il contesto. Con l’accusa di estorsione, lesioni personali e violenza privata in concorso il boxeur è finito in manette assieme al complice in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip del Tribunale di Rimini, su richiesta del pm Paolo Gengarelli, ed eseguita dai militari della Tenenza di Cattolica.

E’ evidentemente la prima fase di un’indagine più ampia che riguarda l’ennesimo giro di spaccio nella zona. Intanto i primi due arrestati dell’operazione denominata per ragioni facilmente comprensibili “Pungiball”, sono Erion Sopi, 28 anni, albanese, ed Eric Tamanti, entrambi residenti a Morciano. Il primo è appunto una promessa mancata della boxe, con un buon palmares tra i dilettanti per i colori della Pugilistica Valconca. Secondo gli investigatori il pestaggio documentato dalle immagini è solo uno degli “avvertimenti” diretti a un giovane cattolichino che, prima di intraprendere la via della disintossicazione dalla cocaina, aveva accumulato un debito di droga, mai saldato di 2.300 euro. Con il passare del tempo le richieste di “rimborso” si erano fatte via via più pressanti. «Paga o finisce male», gli avevano detto a brutto muso, per niente contenti della promessa di un acconto di soli cinquecento euro. Poi le botte, anche se ad avere la peggio (trenta giorni di prognosi) non era stato il “debitore”, ma un amico che aveva tentato una difficile mediazione. Incassati i pugni, questi, aveva deciso di farsi gli affari propri (non ha denunciato gli aggressori), ma dopo quasi due mesi di minacce e timori il cattolichino, che risiede a San Clemente, spinto anche dai suoi familiari, ha deciso di raccontare tutto ai carabinieri e mettere fine alla persecuzione. Una decisione saggia, quella della vittima, come sottolinea il capitano Marco Califano, comandante della Compagnia di Riccione. «Se si denuncia si ottengono risposte concrete: il nostro obiettivo è costruire un contatto diretto e costante con i cittadini».

Newsletter

Iscriviti e ricevi le notizie del giorno prima di chiunque altro Clicca qui