"Recuperare il valore delle relazioni"

Rimini

FORLÌ. Salone comunale gremito, ieri pomeriggio, per il saluto della città a don Erio Castellucci, in procinto di lasciare Forlì per divenire arcivescovo di Modena-Nonantola. Al parroco-teologo il sindaco Davide Drei ha consegnato la medaglia in argento con la riproduzione dell’antico sigillo di Caterina Sforza. Il riconoscimento è stato conferito «a testimonianza del forte legame di stima e amicizia che lega la Città al sacerdote», ma anche come augurio per l’importante incarico che don Erio assumerà a partire da domenica 13 settembre, l’indomani dell’ordinazione episcopale all’interno del Palafiera di Forlì. La consegna dei “sigillo di Caterina” ha costituito anche l’occasione per una riflessione sul tema “Le città che verranno tra materia e spirito”. L’incontro è stato coordinato da Pierantonio Zavatti e ha visto i saluti preliminari del sindaco di Dovadola Gabriele Zelli in rappresentanza della Provincia di Forlì-Cesena. Sulla scia dell’annotazione di Zavatti, che ha evidenziato l’estrema difficoltà per un amministratore a governare una città in cui il disinteresse per la cosa pubblica regna sovrana, il Sindaco Drei ha ribadito il graduale svilimento nel corso degli anni del rapporto fra cittadini e amministrazione: «Si va in Comune a chiedere soltanto, come se si andasse a fare bancomat. Chi amministra si trova sempre a dover dare risposte immediate ai singoli, quando sarebbe meglio che chi governa la ‘res publica’ lavorasse primariamente per l’interesse comune». Le cause di tutto ciò vanno individuate nell’incapacità di dialogo e nella carenza di relazioni. «Manca sempre più il senso della casa comune. In Italia abbiamo perso una grande occasione per educare le giovani generazioni: istituire un Servizio civile collettivo in cui imparare ad occuparsi degli altri. Caro don Erio - conclude Drei - in bocca al lupo e si ricordi di ritornare spesso nella sua Forlì». La riflessione del sacerdote è partita dalla disamina di due opere letterarie lontanissime tra loro, eppure convergenti: “La Città del Sole” di Tommaso Campanella e “L’anticittà” dell’architetto milanese Stefano Boeri. Nel primo testo si ipotizza una società utopistica in cui “tutto è di tutti”. Nel secondo si constata che dentro le città attuali ci sono tanti sistemi chiusi, privi della benché minima condivisione fra le persone. «Interessarci del bene comune significa recuperare il primato delle relazioni e dell’ascolto fra le persone. La politica intesa come gestione della cosa è in crisi proprio perché si è perso il concetto del bene comune». L’auspicio finale di don Erio è in linea con quanto annunciato in questi anni dal pulpito della sua San Giovanni: «La chiesa può e deve fare di più per far innamorare i giovani all’impegno e alla responsabilità politica».

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