Otto mesi dopo la Gokbel è ripartita

Rimini

RAVENNA. Duecentotrentaquattro giorni dopo la tragedia, la “Gokbel” ha lasciato per sempre Ravenna. Agganciato da un rimorchiatore croato, il mercantile turco affondato il 28 dicembre scorso in seguito allo scontro con il cargo battente bandiera del Belize “Lady Aziza” è partito nel primo pomeriggio di ieri alla volta del porto di Tuzla, ad una quarantina di chilometri da Istanbul, dove verrà smantellato. Alla velocità di crociera di 4 nodi, l’arrivo a destinazione è previsto tra una decina di giorni.

Impresa riuscita. Del relitto in città restano ora solo il ricordo di due marittimi dell’equipaggio ancora dispersi, l’immagine di una disgrazia dalla dinamica ai limiti di qualsiasi legge statistica e l’ancora che verrà rimossa questa mattina.

Anche se in ritardo rispetto alla tabella di marcia inizialmente prevista (l’obiettivo era quello di rimuovere la nave entro la fine di maggio) e con costi lievitati dai 3,5 milioni stimati a quasi 6 per via delle complicazioni insorte durante le fasi di recupero, l’operazione - non semplice - è comunque riuscita. Senza l’esborso di un centesimo dalle casse pubbliche, dato che i costi saranno a carico della compagnia assicuratrice. E soprattutto salvaguardando l’ecosistema marino, aspetto non trascurabile considerando i rischi ambientali corsi. Come certificato dal personale della Daphne, supportato nell’attività di controllo dagli uomini del Reparto ambientale marino, tutto si è concluso senza conseguenze, anche se a scanso di equivoci i sub torneranno ad immergersi per ulteriori verifiche e ispezioni strumentali sullo stato del fondale; in caso di anomalie, residui o inquinanti il ministero effettuerà le contestazioni del caso.

Soddisfazione unanime. Per questo ieri pomeriggio i componenti del tavolo tecnico (composto da Prefettura, Capitaneria, Comune e Ministero) che ha seguito passo dopo passo il recupero, hanno espresso la propria soddisfazione per la riuscita dell’impresa, a cui hanno partecipato anche diverse aziende ravennati. «Raddrizzare e riportare in galleggiamento la nave senza conseguenze non era cosa semplice - rimarca il comandante in seconda della Guardia costiera, Giuseppe Romano - senza contare gli inconvenienti insorti in corso d’opera. Ma gli sforzi di istituzioni e imprese per porre rimedio a quanto accaduto ha permesso di portare a termine l’operazione. E il tempo in più richiesto non ha inficiato il risultato finale. Spiace solo che all’appello manchino ancora i corpi di due membri dell’equipaggio. Fino all’ultimo abbiamo sperato che potessero trovarsi a bordo del relitto», anche se dagli elementi dell’inchiesta pare che tutti i marittimi si trovassero in acqua, qualcuno purtroppo senza la cintura di salvataggio.

Professionalità premiata. E mentre il viceprefetto Antonio Giannella ha ribadito come per la vicenda “Gokbel” si sia dimostrato «con i fatti» il lavoro svolto e il vicesindaco Giannantonio Mingozzi (in collegamento telefonico con il ministro dell’ambiente Gianluca Galletti che presenziò al primo vertice in primavera) si è soffermato «sulla professionalità e la competenza mostrata dalle società ravennati che hanno partecipato all’operazione», ringraziando anche «l’armatore turco che non ha abbandonato la nave, fatto purtroppo non così infrequente nell’ambiente marittimo». Il capitano di vascello Aurelio Caligiore ha invece posto l’accento sulla svolta epocale che il recupero del mercantile inabissatosi ha significato: «Con quello che è stato realizzato a Ravenna possiamo affermare che la politica marittima ha svoltato, seguendo un percorso virtuoso che non prevede più l’abbandono dei relitti».

I problemi. Tutto risolto quindi? Non proprio. Resta infatti in piedi l’inchiesta della magistratura sulle responsabilità dell’incidente. E soprattutto rimane l’ingombrante sagoma della “Lady Aziza”, ormai abbandonata dall’armatore e dall’equipaggio. Il cargo coinvolto nell’incidente è attraccato da febbraio nelle banchine a ridosso dell’Autorità portuale. Qualcuno, scherzando ma non troppo, ritiene che faccia ormai parte dello skyline della Darsena, un tempo adibito a cimitero delle navi in disarmo. In sosta temporanea in quel punto, dove era stata trainata per la necessità di liberare la banchina dove si trovava per consentire l’attracco di altre imbarcazioni per le operazioni di carico e scarico, la nave rischia di restare lì a lungo. Dovrebbe fungere da garanzia per la copertura delle spese necessarie al recupero della “Gokbel” ma il ferro del cargo non vale nemmeno il 10% del costo dell’operazione. A patto poi di riuscire a monetizzare qualcosa. La “Lady Aziza” potrebbe infatti in futuro finire all’asta ma non è detto che qualcuno si faccia avanti. Come lei, infatti, al porto di Ravenna ci sono altre sette navi abbandonate che non hanno più - e non trovano - padrone, ridotte ormai a carcasse arrugginite.

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