Pasticcere nascondeva in casa un arsenale

Rimini

RIMINI. Da quattro mesi aveva trovato lavoro a Riccione, come pasticciere e il suo desiderio era cancellare completamente gli effetti di una vecchia condanna, tornando a essere “incensurato”. Ma c’è da scommettere che la domanda di riabilitazione non arriverà mai al Tribunale di sorveglianza di Palermo. Francesco Paolo Bova, 53 anni, originario di Palermo, è finito nuovamente in manette con l’accusa di detenzione di armi. La sua abitazione, una villetta bifamiliare lungo via Muccioli, a Coriano, custodiva infatti un intero arsenale a disposizione della malavita. Una mitragliatrice, un fucile a canne mozze, undici pistole, munizioni di vario tipo e persino giubbotti antiproiettili, parrucche e passamontagna per travestirsi durante le rapine.

Si tratta di armi clandestine, ma anche artigianali: all’insaputa di tutti, l’uomo si era specializzato, adibendo in garage un vero e proprio laboratorio, nella modifica di pistole da soft-air, acquistate regolarmente su internet, in micidiali revolver perfettamente funzionanti. Quando era troppo complicato potenziare la canna era abile nel modellare e adattare i proiettili veri, da inserire nei caricatori destinati alle armi dei “Giochi di guerra”. E’ questo il nome dell’operazione della Squadra mobile della questura di Rimini, sviluppata con il coordinamento del Servizio centrale operativo della polizia di Stato.

Il siciliano, che vive in Romagna da quasi quindici anni e che prima di trasferirsi a Coriano risiedeva con la famiglia a Cesena, è stato arrestato su disposizione del pm Paolo Gengarelli e oggi comparirà davanti al giudice. Non potrà spiegare con la sola passione delle armi o con la fantasiosa tesi del collezionismo il materiale che aveva in casa. Intanto l’uomo, difeso dall’avvocato Vincenzo Falata del foro di Palermo, si avvarrà della facoltà di non rispondere. Vuole capire quali carte hanno in mano gli investigatori riminesi, prima di fare una mossa falsa. Gli uomini del vice questore aggiunto Nicola Vitale sono convinti di aver messo le mani sul deposito di una grossa banda, specializzata in assalti a portavalori.

L’ipotesi del “cane sciolto” che mette a frutto la propria innegabile abilità tecnica al miglior offerente, infatti, si scontra con la custodia di accessori inusuali (come un silenziatore di 31 centimetri) e perfino cappucci, travestimenti e protezioni corporali da indossare all’occorrenza. Di certo non i ladri di polli, ma neppure “semplici” rapinatori di banche e supermercati. Facile attendersi futuri sviluppi che coinvolgeranno altre zone d’Italia.

Anche ieri in questura, fino a tarda sera, i poliziotti erano al lavoro per sviluppare delle nuove informazioni a partire dai dati in loro possesso: le armi sono all’esame della Scientifica, in particolare della sezione balistica, per risalire sia alla provenienza, sia all’eventuale utilizzo in operazioni criminali. Al più presto saranno passati al setaccio anche i dati dei telefoni e computer sequestrati in casa assieme a un intero borsone di carte e appunti. Lo stupore della moglie, al momento dell’arresto, è sembrato sincero. Bova, irreprensibile da anni, sembrava aver messo alle spalle il suo passato. E’ trascorso quasi un quarto di secolo da quando, dopo aver rapinato un supermercato a Palermo, ebbe un conflitto a fuoco e fu accusato di tentato omicidio. «Acqua passata» ripeteva anche al suo avvocato. Ora però il castello è crollato e i referenti del pasticciere, chiunque essi siano, non possono più dormire sonni tranquilli. La caccia al “commando” - per il quale il palermitano fabbricava anche duplicati di chiavi per auto e fuoristrada - è già cominciata. «Siamo solo all’inizio», commenta il questore Maurizio Improta. «Con me si cambia musica», aveva detto ai suoi, al suo arrivo. Evidentemente non si riferiva alle discoteche.

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