La Cna: «Boicottaggio inaccettabile»

Rimini

RAVENNA. Nell’agorà di Facebook il titolare annuncia possibili azioni legali, mentre l’albergatore Filippo Donati dà appuntamento per domani sera a quanti, come lui, vorranno esprimere - con una consumazione nel suo negozio - la propria solidarietà al gelataio finito nel mirino per una discussa immagine pubblicitaria.

La polemica di Ferragosto divampa e divide l’opinione pubblica. Pomo della discordia l’immagine - una ragazza che lecca un gelato - e lo slogan che gioca sul doppio senso: “Noi lo facciamo tutti giorni” pubblicati sulla pagina Facebook della gelateria Nova di viale Randi. Da lì un coro di rimostranze, che ha visto protagonista anche l’assessore alle Politiche di genere Giovanna Piaia, la quale ha condiviso le accuse di sessismo sollevate da un gruppo di Facebook che si occupa di segnalare un uso retrogrado e maschilista del corpo femminile nel mondo della pubblicità. Così sul sito istituzionale www.immagineamicheravenna.it, la Piaia ha invitato gli utenti a boicottare la gelateria in questione.

Una presa di posizione che, ieri, ha fatto tuonare anche la Cna: «La nostra associazione è da sempre, con atti concreti, sensibile e vicina alle diverse realtà cittadine che si occupano delle donne in difficoltà e proprio per questo non abbiamo paura ad affermare che questa volta da parte di molti si sia esagerato - afferma il responsabile Cna alimentare Ravenna, Jimmy Valentini -. La Gelateria Nova utilizza i moderni strumenti che i social mettono a disposizione con correttezza, sobrietà e simpatia utilizzando immagini dei prodotti, delle fasi di lavorazione, dei corsi di perfezionamento, foto di clienti che mangiano un gelato e ogni tanto realizzano anche delle immagini promozionali del proprio marchio». Poi l’affondo: «Invitare da parte di esponenti istituzionali e politici al boicottaggio di una attività artigianale familiare perfettamente in regola con tutte le normative è a nostro avviso una forzatura al limite del consentito. Le imprese artigiane e le piccole imprese sono l’ossatura della nostra economia: in questi anni forse sarebbe stato più saggio da parte delle istituzioni preoccuparsi della loro sopravvivenza con la stessa determinazione con cui ci si occupa di un caso come questo».

Inevitabilmente poi la polemica si sposta sul piano politico: il consigliere di Forza Italia Alberto Ancarani - dopo aver pubblicato una propria foto mentre gusta un gelato nel locale nell’occhio del ciclone - fa notare che «due consigliere comunali Pd, ovvero Mariella Mantovani e Patrizia Strocchi», si sono «scagliarsi su facebook contro la pubblicità addirittura chiedendone ufficialmente il boicottaggio», mentre «come se non bastasse è intervenuto mediaticamente pure un assessore per dar loro man forte». Tutto questo, non manca di sottolineare, «quando sono passati 9 giorni dal momento in cui si è avuta notizia dell’indagine della procura di Ravenna che coinvolge funzionari e dirigenti comunali tuttora in servizio».

Dalla maggioranza si leva invece la voce del segretario del Pri di Ravenna Eugenio Fusignani: «Nel nostro Paese, fortunatamente, le donne sono libere, anche di fare le pubblicità che vogliono. Così come, se lo ritengono, sono libere di boicottare le imprese che si avvalgono di pubblicità eventualmente ritenute lesive della propria dignità. Di sicuro non hanno bisogno di tutor istituzionali. Trovo singolare che siano proprio degli amministratori a lanciare una campagna contro un artigiano che commercializza il suo prodotto attraverso una pubblicità che può, al limite, essere ritenuta di cattivo gusto, ma non certo lesiva di alcuna dignità. Le istituzioni hanno bisogno di visoni laiche per assolvere al proprio mandato di rappresentanza e tutela di tutti: dunque, i talebanismi divengono incompatibili con le istituzioni. Chi ricopre ruoli istituzionali dovrebbe essere più attento e soprattutto spiegare con quale veste lancia i propri strali. Sarebbe più corretto lasciar perdere polemiche capziose che sanno più di stantio vetero femminismo più che di battaglia in difesa dei diritti delle donne».

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