«Il mio cammino a Santiago in compagnia di Maffy»

Rimini

IMOLA. Il Cammino di Santiago ha letteralmente rivoluzionato la sua vita, sotto differenti punti di vista.

Per prima cosa, ha deciso di chiudere la propria azienda, segnata profondamente dalla crisi economica, senza, però, che la prospettiva di dover cambiare vita lo abbia terrorizzato particolarmente: «Sono sereno», racconta. «Che cosa farò adesso? Mi dicono che sono veramente bravo a fare fotografie», scherza.

Poi, «mi ha riavvicinato ai miei genitori, a cui finalmente sono riuscito a dire “Vi voglio bene”», come ha scritto nella dedica del suo libro, e a confidare esperienze personali di cui non aveva mai parlato con loro.

Lui è l’imolese Andrea Bandini, autore de Il mio cammino a Santiago in compagnia di Maffy, che questa sera presenterà in biblioteca. La sua avventura prende il via nel novembre di due anni fa, e al suo fianco Andrea vuole il suo border collie, adottato dal canile nel 2007: «E’ stata una scelta scontata. Non sarei mai potuto andare via senza il mio cane. Vivo assieme a lui 24 ore al giorno. L’idea di lasciarlo a casa non la potevo neanche prendere in considerazione».

Andrea e Maffy scelgono di percorrere «il cammino classico, quello francese, da Saint-Jean-Pied-de-Port, alle pendici dei monti Pirenei» e, dopo essere arrivati a Santiago de Compostela, «siamo andati avanti, fino a Finisterre e a Muxía, per un totale di 928 chilometri».

Lungo la strada, non si contano gli incontri speciali: «un polacco, mai visto né conosciuto, che ha comprato della carne per darla da mangiare al mio cane», o un altro pellegrino «che si è tolto la giacca a vento, per proteggerlo dal freddo». Ma soprattutto quello con padre Benedikt, «il nono giorno di cammino, tre giorni prima dell’arrivo a Léon. Non la posso definire come l’esperienza più importante, però mi ha riavvicinato a Dio. L’abitudine di andare in chiesa tutte le domeniche non l’ho mai avuta prima». E’ proprio padre Benedikt «che mi dice “Se non sei mai riuscito a dire ai tuoi genitori che gli vuoi bene, allora scriviglielo”», e con lui «mi sono confessato nuovamente, dopo trent’anni».

Non manca la sofferenza: «Ho avuto una tendinite, e mi sono reso conto di che cosa sia davvero il dolore fisico. Da ex giocatore di rugby, non lo avrei mai ritenuto possibile. Mi ha portato al limite delle mie forze. A un certo punto, però, ho avuto la sensazione di essere in grado di parlare con il mio corpo, con la mia anima, con le mie emozioni. Ho ringraziato per avere sperimentato questa sofferenza, perché senza di essa non avrei mai avuto la possibilità di comprendere il significato di questa esperienza».

Nonostante siano trascorsi oramai quasi due anni, «la “bolla di Santiago” non si è ancora sgonfiata. E non riesco a capire come mai il mio libro abbia avuto un successo così grande, con tante persone che mi dicono “Sono arrivata a Santiago grazie a quello che hai scritto”. Probabilmente, leggendolo la gente si è accorta che il cambiamento è possibile».Andrea Bandini

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