Massacrato di botte dai datori di lavoro davanti al figlioletto

Rimini

FORLÌ. Ha chiesto ai propri datori di lavoro perché le giornate lavorative riportate sulla busta paga non corrispondessero a quelle effettivamente fatte. Non contento delle risposte ottenute, con un collega nelle sue stesse condizioni, li ha denunciati all’Ispettorato del lavoro firmando la sua “condanna”. I due agricoltori, padre e figlio, l’hanno infatti attirato fuori di casa e massacrato di botte.

Un pestaggio avvenuto davanti agli occhi della moglie, della padrona di casa e del figlioletto di appena due anni che inutilmente è scoppiato in lacrime davanti a tanta brutalità. Cattiveria che è costata al giovane padre di famiglia la frattura certa del setto nasale ed altre conseguenze fisiche che ieri pomeriggio lo hanno costretto a sottoporsi a nuovi accertamenti al “Morgagni-Pierantoni”, dove è tornato dopo aver presentato denuncia ai carabinieri della stazione di Villafranca. Del caso è stato interessato anche l’assessore comunale al Welfare Raoul Mosconi.

La serata di paura è iniziata verso le 18 di martedì quando i due energumeni hanno raggiunto il 30enne, in Italia con la famiglia con regolare permesso di soggiorno, e lo hanno invitato ad uscire per spiegare come mai si fosse permesso di denunciare la presunta irregolarità in busta paga all’Ispettorato. Una macroscopica mancanza, ha raccontato: a fronte di oltre un mese lavorato nella tenuta di proprietà dei “picchiatori”, gli agricoltori ne avevano contabilizzati una settimana.

In realtà l’uomo non ha potuto aprire bocca e sottolineare l’importanza della fedeltà della dichiarazione dei datori di lavori ai fini della disoccupazione ma, soprattutto, del rinnovo del permesso di soggiorno, che è stato subito coperto da una scarica di calci e di pugni.

Un autentico massacro continuato anche quando ha cercato di fuggire e la moglie ha minacciato di chiamare i carabinieri. Gli energumeni non hanno battuto ciglio. Anzi, non contenti, prima di allontanarsi, gli hanno sfilato la giacca con all’interno cellulare. Indumento e telefono recuperati e riconsegnati poco più tardi dai militari arrivati di gran carriera dopo la disperata richiesta di aiuto fatta dalla moglie. La serata di terrore è quindi terminata al Pronto soccorso dell’ospedale. Ieri al sindacato cui si è rivolto la vittima, si è presentato anche il collega e connazionale, dichiarando di essere molto preoccupato che lo stesso trattamento possa essere riservato anche a lui.

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