«Il cane mi ha salvato dall'infarto»

Rimini

FORLÌ. «Il mio cuore si era fermato ma poi il cane si è messo sul mio petto e col suo peso mi ha praticamente fatto un massaggio cardiaco. Il resto lo hanno svolto, velocemente e in modo impeccabile, gli operatori del 118 e i medici dell’ospedale».

Una vicenda ai limiti dell’incredibile se a raccontarla non fosse proprio un medico, il 69enne Franco Fabbri - noto urologo, per 35 anni in ospedale, poi a Villa Igea e ora in pensione - che ricostruisce, con la sopravvenuta serenità del periodo festivo, quando accaduto lo scorso 23 aprile nel salotto della sua casa forlivese.

Un attimo. «Come consuetudine - ricorda - mia figlia aveva lasciato a casa mia il suo Ghemon, un Golden retriever di 9 anni, che resta accucciato ai miei piedi mentre leggo il giornale. Erano circa le 14 quando, dopo aver mangiato, ero seduto in poltrona. Dei minuti successivi non ricordo nulla se non, appena sveglio, di avere il cane con le zampe sul mio petto, con tutti i suoi 40 chili di peso, intento a leccarmi la faccia. E’ stato lui, abbaiando, a dare l’allarme a mia moglie che era in cucina e non si era accorta della sincope che mi aveva procurato un vero e proprio arresto cardiaco. Per fortuna anche Gabriella è un medico e mi ha rianimato in attesa dell’arrivo dell’ambulanza, dopo che la frequenza del cuore era scesa a 10. Ancora pochi istanti e la situazione sarebbe stata irreversibile anche per i danni collaterali al cervello».

In buone mani. A quel punto i soccorsi sono celeri - «a dimostrazione dell’efficienza di tutto il sistema del Pronto soccorso, spesso criticato anche a sproposito» - e nel giro di due ore l’urologo si ritrova con un pace maker nel petto, «che ho ancora e chi mi ha permesso di tornare quasi subito, dopo tre giorni di degenza, ad una vita normale. E per questo non finirò mai di ringraziare medici e personale ospedaliero per la loro professionalità e grande disponibilità».

Nuova vita. In pensione dal 2002, dopo quell’evento ha totalmente appeso il camice bianco al chiodo dedicandosi alla grande passione della fotografia. «Giusto così - dice - i giovani meritano spazio perché portatori del nuovo che avanza anche in medicina, penso al robot chirurgico che è una delle eccellenze della sanità forlivese. I miei ex pazienti mi chiamano in continuazione mandandomi addirittura mail con i loro esami ma io li dirotto ad altri colleghi in attività».

Arrivato ad un passo dalla fine, la riflessione è d’obbligo. «Ho percepito il senso di assoluta precarietà delle nostre vite ma, al contrario di molti, non mi auguro una fine così repentina, preferisco avere il tempo di salutare e prepararmi. Il mio senso del divino, invece, è rimasto come prima: non credo in un Creatore, pur essendo sempre disposto a cambiare idea, ma considero Cristo il più grande personaggio mai esistito, che andrebbe ricordato nei libri di storia prima ancora che nell’ora di religione. Sono, però, convinto che ognuno di noi possa continuare a vivere attraverso le opere che ha fatto in vita».

Nel frattempo il suo angelo custode, terreno, si è fatto molto più premuroso. «E già. Da quando sono tornato a casa il cane mi guarda e mi segue ancora più di prima».

 

 

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