La Pieve è quasi pronta ma non ci si arriva

Rimini

FORLÌ. Il restauro della Pieve di Santa Maria in Acquedotto è a buon punto. I lavori di consolidamento del complesso religioso, partiti col rifacimento delle coperture e delle capriate della chiesa risalente al XIII secolo, sono ormai conclusi. Adesso, la Ditta Casadio Geometra Bruno S.a.s. di Castiglione di Ravenna, incaricata dalla Diocesi di Forlì-Bertinoro, è pronta per intervenire sul campanile. La spesa complessiva, finanziata dalla Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì, dalla Soprintendenza e dall’8 per mille alla Chiesa cattolica, si aggira sul mezzo milione di euro.

«Prima di liberare l’interno della pieve dalle impalcature – dichiara il direttore tecnico di cantiere, ingegner Antonio Casadei – dobbiamo ritinteggiare gli intonaci, mettendo in sicurezza i pochi affreschi rimasti. A quel punto mancheranno solo il rifacimento dell’impianto elettrico, la sostituzione delle vetrate e il ripristino della pavimentazione». Citata per la prima volta in un documento del 963 e ricostruita nel 1273, Santa Maria in Acquedotto è stata restaurata e definitivamente riportata all’originalità romanica nel 1933 da monsignor Attilio Fusconi, parroco dal 1906 all’anno della scomparsa, nel 1957. Il sacerdote pagò di tasca propria le ingenti spese sostenute. Di notevole impatto visivo è anche il campanile: risalente al Mille, epoca in cui si diffuse nella cristianità l’uso delle campane, è privo della cuspide, tipico elemento ornamentale delle torri forlivesi, crollata per un rovinoso terremoto ai primi dell’800. Una “secca” incredibile del fiume Ronco, agli inizi del ’900, mise in luce per l’ultima volta, a poche decine di metri dalla chiesa romanica, alcuni piloni del leggendario acquedotto di Traiano, poi consolidato da Teodorico. Da qui il nome della Pieve. Al termine dei restauri, Santa Maria in Acquedotto avrebbe tutte le carte in regola per assurgere a meta turistica obbligata di una Forlì sempre più intenzionata a divenire città d’arte, grazie ai successi delle rassegne internazionali al San Domenico. Il condizionale deriva dalle evidenti difficoltà di accesso carrabile alla chiesa, insorte l’indomani dell’apertura del quarto lotto della Tangenziale realizzato da Anas Spa. La nuova infrastruttura viaria, fondamentale per Forlì, ha però precluso per ragioni di sicurezza il precedente ingresso diretto da via Servadei. Se pedoni e biciclette potranno utilizzare il nuovo sottopasso realizzato sotto la via Gordini, gli automobilisti dovranno invece macinare un paio di chilometri non proprio agevoli. La modalità più semplice è proseguire sulla Ravegnana sino alla colonnina del metano, per poi svoltare a destra in via Cà Mingozzi, stradello lungo e stretto non adatto ad un traffico veicolare. La speranza è che il Comune reperisca quanto prima i denari necessari ad allargare via Cà Mingozzi, togliendo dai patemi attuali visitatori e residenti.

 

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