Cultura in lutto per la morte di Nanni Fabbri

Rimini

FORLÌ. Nanni Fabbri, figlio del drammaturgo forlivese Diego, è morto il primo maggio: nonostante la tempra, il coraggio e l’amore per la vita che aveva dimostrato in tante occasioni, ha dovuto cedere a una malattia gravissima. Nanni cominciò la sua carriera negli anni Sessanta (era nato il 15 agosto 1941) come “aiuto” di Dino Risi, Duccio Tessari e di molti altri “nomi” del cinema italiano di allora.

L’esordio nella regia arrivò nel 1974 con “Delirio”, un originale del padre, poi vennero molti lavori per la televisione: “Morte di un seduttore di paese”, “Sono già stato qui”, “Il grande Bob”, tratto da un romanzo di George Simenon, “Cronaca”, “Delitto in piazza” e “Le storie di Mozziconi”, dodici episodi interpretati da Leo Gullotta, fino a “Tentativo di corruzione” e “Processo di famiglia”. Diverse anche le regie teatrali, fra cui “Inquisizione”, da un testo del padre, e “Lascio alle mie donne”, dove diresse la moglie, l’attrice Angiola Baggi. «La carriera di Nanni e prima ancora di Diego - ricorda la moglie Angiola Baggi - li aveva portati lontano da Forlì, ma mio marito aveva assorbito il rapporto molto forte che suo padre aveva con la città. Per questo l’aveva scelta per lasciarvi le carte dell’archivio paterno: quell’eredità, culturale, artistica, di gusto che era nata lì, e che lì doveva restare perché Forlì diventasse un punto di riferimento nazionale».

Lei si riferisce alla creazione del Centro studi intitolato all’autore di “Processo a Gesù”. «Certo, un lavoro iniziato 15-20 anni fa insieme a Franco Fabbri e al senatore Leonardo Melandri per creare un luogo di cultura dove quelle carte preziose potessero essere non solo conservate ma anche studiate, “attizzando il fuoco” sulla vostra città».

Le cose poi non sono andate come suo marito avrebbe voluto… «E’ così, ci sono state divergenze sul senso stesso del Centro, ma Nanni per Forlì aveva comunque una grande affezione, e dopo le esequie a Roma è lì che lo porteremo, perché lui la sentiva come la propria casa». Lei ha un ricordo di Diego e Nanni insieme? «Purtroppo sono entrata nella vita di mio marito quando il padre non c’era più: ma i suoi racconti sulle telefonate quotidiane che si scambiavano mi hanno fatto comprendere il loro continuo confronto e scambio di idee. Ho ritrovato anche biglietti affettuosi di Diego a Nanni, che lo considerò sempre un interlocutore importante. Mi fa piacere, infatti, che anche in un momento simile mi sia possibile parlare di questi due uomini. Sono tempi, questi, in cui persino le persone che hanno dato un apporto al loro tempo possono scomparire. Io voglio che di Nanni resti invece una testimonianza di come lui era: un uomo serio, responsabile, innamorato del suo lavoro». Martedì prossimo, 6 maggio, alle 10, prima della tumulazione nella tomba di famiglia, nella cappella del cimitero monumentale di via Ravegnana si terrà una messa in memoria del regista e drammaturgo alla presenza della famiglia.

 

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