Senza Tony e Cuntaden Romagna più povera

Rimini

FORLÌ. Con la morte lunedì scorso a quasi 85 anni, li avrebbe compiuti il 4 maggio, di Alfredo Zoli - l’indimenticabile “Tony e Cuntaden”, grazie al successo della trasmissione in onda su TeleRomagna dal 1977 al 1993 - se ne va un pezzo autentico di Romagna: schietta, ruspante ma anche colta e intelligente.

A piangerlo, oggi alle 14 ai funerali che prenderanno il via dalla camera mortuaria di Forlimpopoli, cittadina dove viveva, saranno la moglie, i due figli e i tantissimi amici e conoscenti acquisiti durante un lunga carriera partita dal teatro e culminata nella creazione di una vera e propria maschera che ha “bucato” il piccolo schermo per diventare in breve tempo un volto famigliare nelle case dei romagnoli.

Il corteo si dirigerà verso la basilica di San Rufillo per il rito funebre e la successiva sepoltura nel Cimitero Nuovo.

Pur lontano dalle scene da molti anni, Zoli ha mantenuto una fama intatta grazie al suo personaggio le cui radici, solidissime, affondavano nella grande esperienza fin da giovane di trebbi dialettali e sul palco per varie rappresentazioni con compagnie del Ravennate, fino a fondarne una propria: “La Frampulesa”.

E “Tony e Cuntaden” è proprio il primo titolo di una commedia che Zoli propone con i suoi giovani compagni di palcoscenico, seguita da tante altre come “Una Cà senza copp”; “Am voj maridè la surela ad mì surela (Ach fatt tramesch)”; “Parò la vita ach fatà fregheda” e “Un dè ad San Lurenz”, quest’ultima mai rappresentata in teatro.

Tanti i premi vinti grazie alla assidua partecipazione a varie rassegne. La fama raggiunge anche le orecchie di Federico Fellini, che nel 1973 sceglie Zoli ed alcuni suoi compagni per doppiare i personaggi di “Amàrcord”.

Dell’ingegner Annibale Persiani, fondatore di Teleromagna, l’idea di portare quel personaggio in televisione, in un’epoca in cui le emittenti private si affacciavano per la prima volta alla ribalta.

«La trasmissione - ricorda Maurizio Zattoni, dal 1979 responsabile commerciale di Teleromagna - andava in onda il martedì dalle 20 circa e doveva durare un paio d’ore ma finiva sempre per arrivare a tre o tre e mezza per lo slancio di Zoli, che trascinava tutti con la sua capacità di improvvisatore. Le scalette saltavano sempre e non potevi prevedere cosa avrebbe fatto in studio, sempre rigorosamente in diretta. Gli ascolti sono decollati subito e mi ricordo che gli sponsor facevano a gara per apparire nel programma, al punto che in due ore arrivammo a fare 12-15 passaggi da tre minuti ciascuno».

A Zoli si deve l’idea di portare in studio, passato dagli angusti spazi di via Fortis a quelli più grandi della sala Mazzini (dal 1981) in corso della Repubblica - attuale sede delle aule universitarie - le orchestre, il liscio, i gruppi folcloristici romagnoli, la gara delle sfogline e altro ancora, ricreando davanti alle telecamere un ambiente tradizionale e famigliare che fece da catalizzatore per migliaia di spettatori, diventando un modello imitato da tutti. «Era bravissimo a toccare le corde della tradizione - ricorda il giornalista Fausto Fagnoni, tra i fondatori 40 anni fa dell’emittente -. Il suo successo era tale che quando girava per strada bloccava il traffico, tanta era la gente che lo additava e gli voleva parlare. Schietto e immediato come il suo personaggio ma al contempo raffinato autore di commedie, poeta e uomo di profonda cultura».

 

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