L’ultimo saluto al grande campione "Bibolo era un simbolo di Forlì"

Forlì

FORLÌ. Una foto di quando incantava sui campi di calcio, una sciarpa del Cesena alla quale poi si è aggiunta quella del Forlì - le sue squadre in Romagna -, lo sguardo tenero dei familiari e degli amici. Per l’ultimo saluto della sua città era adornata così ieri mattina a San Mercuriale la bara di Vittorio Zanetti, il 75enne, ex calciatore, morto per intossicazione nell’incendio della sua abitazione, otto giorni fa. La funzione è stata celebrata dall’abate di San Mercuriale, don Enrico Casadio. «Non ho avuto modo – ha detto – di conoscere Vittorio, Bibolo come lo chiamavano perché era così bravo da giocare con i più grandi e lui era il più piccolo, oppure il professore per le sue qualità tecniche. Aveva espresso il meglio di sè nel giocare e nel gioco di squadra. Ecco, lo spirito di squadra animava Vittorio e tanti come lui e credo sia giusto sottolineare chi sa trasmettere questo fattore: in modo che non viviamo solo di eventi e poi torniamo come prima, se il prima vuol dire “ci penserà qualcun’altro, qualcun’altro farà il gioco, il gioco della mia città, del mio quartiere, del mio vicinato, della mia parrocchia. Vittorio era protagonista nel gioco di squadra».

Le parole

Prima del termine della funzione ha preso la parola l’assessora allo sport Sara Samorì che ha portato il cordoglio dell’Amministrazione. «Vittorio era un orgoglio per la città – ha detto – un grande esempio di civismo e anche un punto di riferimento per il mondo sportivo. Ha saputo tradurre questo esempio, che metteva nel calcio, nei valori quotidiani. Lo ringraziamo per il senso di appartenenza alla maglia del Forlì». Il presidente del Forlì calcio, Gianfranco Cappelli, ha posato sulla bara una sciarpa biancorossa a fianco di quella del Cesena». Ha poi preso la parola Franco Pardolesi, presidente del Club Forza Forlì e amico di Zanetti. «Vittorio è stato un simbolo per Forlì. Di lui era magnifica la sua semplicità. Era un leader. La sua eleganza lo seguiva in campo e fuori. Quando smise di giocare da professionista mi chiese di giocare per la mia squadra di amatori. Per me che l’avevo visto fare grandi giocate è stata un’emozione unica. Ha giocato con noi una decina di anni, anche oltre i 60 anni. E quando lo facevo uscire per riposare per qualche minuto durante le partite, lui mi diceva: “Allora tu non vuoi vincere”. Perchè amava vincere, ma lo faceva con rispetto e correttezza per compagni e avversari». Poi il fischio finale. Tra tanta commozione.

Newsletter

Iscriviti e ricevi le notizie del giorno prima di chiunque altro Clicca qui