Nostalgia o turismo? No, si chiama fascismo

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L’argomento non interessa, soprattutto ai giovani. Dicono. Fascismo e antifascismo sono roba vecchia, superata, passato buono per i libri di storia, che poi pochi leggono. E per lustri effettivamente queste due parole sono state pronunciate meno possibile. È successo soprattutto a Predappio e dintorni, dove almeno tre volte l’anno, in tre date tutte legate all’unico dittatore che l’Italia abbia avuto, molte centinaia di persone hanno continuato a darsi appuntamento per commemorare la nascita e la morte di Benito Mussolini, e in più anche il 28 ottobre, anniversario della Marcia su Roma, ossia l’inizio del suo regime. Arrivano in pullman, alcuni con corredo di gagliardetti e camicie nere, attraversano il paese, osservati da ali di polizia e carabinieri, alcuni sventolano tricolori ma con l’aquila della Repubblica sociale stampata sopra, salutano romanamente la tomba del loro duce, e prima di rientrare fanno scorta di souvenir a tema.

Sono stati chiamati a lungo “nostalgici”, oggi in maniera ancora più asettica vengono definiti “turisti”. Ma nostalgici di cosa? Del fascismo. Turisti interessati a cosa? Alla tomba di Mussolini. Detto ciò, qualcuno fatica ancora a usare la parola “fascisti”. Per quieto vivere, malinteso spirito democratico, pigrizia o perché sembrava impossibile dover rinominare qualcosa che si palesa oggi, con una parola “del passato” costata tanto e già sconfitto dalla storia.

La notizia è che quest’anno l’Anpi anche per Predappio ha deciso di ripronunciare pubblicamente quello che era diventato come innominabile e ha tentato di riportare alla luce di quella piazza, più scomoda di altre, il dibattito, dichiarando apertamente che quelle che prendono corpo nel paese natale del duce tre volte l’anno sono manifestazioni fasciste e come tali a rischio di violazione delle leggi che l’Italia repubblicana si è data, a partire dalla Costituzione.

Costituzione, leggi, storia, antifascismo, fascismo sono parole che forse non attirano i giovani (sarà vero?), ma soprattutto annoiano anche molti meno giovani che però amano citare valori come “libertà di pensiero” e “democrazia” dimenticando che non si possono invocare questi senza aver prima riconosciuto e condiviso il significato, il valore, o il disvalore, delle prime.

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