«Tanti anni di amore non possono essere cancellati da un atto irrazionale»

MELDOLA. Familiari e conoscenti della signora Severina, rispettivamente moglie e madre di Francesco ed Elisa Giacchini, non le hanno fatto mancare il loro affetto nel giorno dei funerali celebrati ieri mattina nella chiesa San Francesco di Meldola dopo la tragedia consumatasi la scorsa settimana e che ha scosso un’intera comunità.

Il dono della consolazione

Il pensionato 73enne, infatti, ha ucciso la figlia 44enne disabile per poi fare fuoco contro se stesso e morire dopo alcuni giorni di agonia. «Viviamo questo momento di preghiera lasciandoci ispirare dalla fede per trovare il dono della consolazione – esordisce Don Mauro Petrini, il parroco che ha officiato ieri le esequie –. Impariamo ad amarci su questa terra, questa è una storia d’amore che ad un certo punto si è inceppata. Dal matrimonio di Severina e Francesco è nato un fiore, Elisa, motivo di gioia nonostante una vita quotidiana fatta di attenzioni e momenti di sofferenza».

Il dramma

Secondo quanto ricostruito dai Carabinieri del Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia di Meldola, diretti dal capitano Filippo Cini e dal luogotenente Gino Lifrieri, coordinati dal sostituto procuratore Federica Messina, il 73enne avrebbe assassinato la figlia dopo aver maturato nel tempo dolore e sofferenza per la sua bambina, temendo di non poterla più seguire con le attenzioni che meritava a causa dell’età e degli acciacchi. «Quarantaquattro anni d’amore per una figlia non possono essere cancellati da un atto irrazionale, il Signore farà rifiorire il fiore di Elisa in Paradiso e saprà accogliere Francesco – prosegue durante l’omelia Don Petrini –. Da questa vicenda sono nati altri gesti d’amore come la donazione degli organi, questo è il trionfo della vita sulla morte ma anche un piccolo segno della misericordia di Dio». Una tragedia che ha suscitato sgomento nella comunità meldolese, una storia dolorosa che ha scosso anche il primo cittadino Gian Luca Zattini presente ieri mattina ai funerali.

Croce pesante

«Molte volte chi porta una croce pesante è lasciato a se stesso – conclude Don Petrini –. Da questa sconfitta dobbiamo imparare, come comunità, a mettere in atto azioni sincere e costruire relazioni belle per far sì che nessuno si senta solo, forse solo così potremmo evitare altre tragedie». Durante la cerimonia religiosa sono state raccolte offerte da destinare alle attività dei Silenziosi operai della croce che gestiscono la casa di Nostra Signora di Fatima nell’ex seminario estivo, dove la stessa Elisa frequentava il centro diurno.

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