Il patto fra i cittadini e lo Stato nell’abbraccio a Mattarella
La cerimonia
Atterrato con l’aereo al Ridolfi intorno alle 10, Mattarella si era diretto prima in Corso Diaz per deporre una corona alla casa di Roberto Ruffilli, quindi era salito accompagnato da Pierangelo Schiera presidente della fondazione intitolata al senatore, che al presidente ha donato il volume “Il cittadino come arbitro”, pietra miliare di Ruffilli stesso, e una sua biografia. Pochi minuti di raccoglimento e il presidente è sceso in strada per intitolare la piazzetta antistante la casa e la chiesa di sant’Antonio in Ravaldino a Ruffilli. Le prime strette di mano ai bimbi della materna “Clelia Merloni” e alle loro maestre, poi il via alla passeggiata di venti minuti lungo Corso Diaz ricca di incontri, strette di mano, messaggi, sorrisi e tanti “grazie”.
Lectio magistralis
Quindi l’arrivo al Teatro Fabbri dove, accolto dal sindaco Drei e da motli primi cittadini, interi consigli comunali e giunte accomodate in platea, autorità e ancora studenti, Mattarella ha ascoltato attentamente la ricca lectio magistralis del filosofo Massimo Cacciari sull’idea di riforma secondo Roberto Ruffilli. Un intervento che non ha evitato critiche all’attualità politica italiana: «Riforma non significa, come una confusa vulgata quotidiana ci ha abituato a credere, una vaga e generica innovazione o una qualche sorta di rottamazione dell’antico. Significa avere l’idea precisa di una forma». Un’idea concreta a cui si giunge attraverso la «trasformazione e non un dilettantesco cambiamento». «Lo Stato dura solo se si trasforma, guai se volessimo guarire dalla permanente inquietudine riformatrice che è propria dello spirito d’Europa, moriremmo – ha incalzato Cacciari –. Competere non vuol dire guerreggiare, ma tendere insieme alla migliore riforma possibile, questo diceva Ruffilli». Uno Stato fatto di “parti” tutte egualmente pulsanti che si determinano a convenire «non in nome di religioni o distinzioni di razza, ma sulla base dell’utilità e conformemente alla legge» la riforma migliore. Insomma una lezione di alta educazione civica e di democrazia condivisa da una intera città. Indirizzata anche ai politici, forse a loro prima di tutti, richiamati all’attenzione per il cittadino e le sue attese anche dallo stesso presidente. «La centralità del cittadino e le riforme per rafforzare la rappresentanza democratica, la sua lezione è più attuale che mai – ha commentato a sua volta il presidente della Regione Stefano Bonaccini, che ha accompagnato il presidente nella sua mattinata forlivese –. Una democrazia governante, che fosse figlia dell’impegno attivo dei cittadini. Cittadini che non dovevano essere una semplice comparsa nei meccanismi del governo del Paese, ma gli interpreti principali. Questo era il disegno riformatore che aveva in mente Ruffilli; un progetto che avrebbe dovuto accompagnare il Paese verso un ulteriore salto di qualità della rappresentanza democratica, introducendo una stagione di riforme costituzionali. Ecco, oggi la sua lezione, la centralità del cittadino rimane come un faro. E noi, come rappresentanti delle istituzioni, siamo chiamati a raccoglierne l’eredità».