Il vescovo Pizzi: «A chi viene dopo di me suggerisco di stare vicino ai preti e ai più deboli»

Forlì

FORLI'. Positivo il bilancio che il vescovo uscente monsignor Lino Pizzi traccia dei 12 anni alla guida della Diocesi di Forlì-Bertinoro.

Eccellenza, un bilancio del suo servizio pastorale.

«Non è facile. Con l’aiuto di tanti collaboratori, sacerdoti e laici, abbiamo potuto camminare insieme a tutta la Chiesa, sotto la guida di Papa Benedetto XVI e Papa Francesco. Attraverso linee pastorali annuali o biennali sugli ambiti di vita, sulle prassi pastorali, sulla famiglia, sui giovani e sull’impegno sociale e politico, abbiamo stimolato la riflessione e l’impegno delle nostre comunità per migliorare consapevolezza e capacità educativa e concorrere a implementare la coesione ecclesiale e civile. È stata buona, nel rispetto delle varie competenze, anche la collaborazione con enti e amministrazioni pubbliche, soprattutto per mezzo della Caritas, nell’impegno verso deboli e poveri. Ho promosso la creazione dell’Istituto superiore di Scienze religiose insieme ai confratelli vescovi di Ravenna, Cesena, Faenza e Imola, con l’intento di favorire la qualificazione teologica e culturale di molti laici, che potranno così dare un notevole apporto nella scuola e nelle nostre comunità».

Quali sono stati i momenti più significativi vissuti in Romagna?

«Mi rimarranno nel cuore soprattutto le feste della Madonna del Fuoco, l’ordinazione episcopale di monsignor Erio Castellucci e le giornate diocesane della gioventù, l’ultima delle quali pochi giorni fa a Bertinoro».

Cosa si porta a Modena di quanto vissuto in Romagna?

«Porto con me 12 anni trascorsi come vescovo di una Chiesa viva, impegnata cristianamente e civilmente. Nelle due visite pastorali svolte durante il ministero, ho potuto conoscere le varie comunità parrocchiali e le unità pastorali, incontrare tanti bambini a scuola e nelle parrocchie, giovani, adulti, anziani, malati nelle loro case, visitare luoghi di lavoro e incontrare le varie amministrazioni comunali, le associazioni e i gruppi di volontariato. Ovunque sono stato accolto benevolmente e con favore».

Come vede il futuro del suo gregge e cosa proporrebbe al nuovo vescovo per dare continuità alla sua opera?

«L’orizzonte è molto impegnativo, soprattutto a causa dei notevoli cambiamenti della società. Occorrerà intraprendere nuove vie per l’evangelizzazione, per una presenza che sia vera testimonianza della gioia di seguire Cristo. Al mio successore propongo di essere molto vicino ai suoi preti, sostenere le famiglie e i giovani, curare la formazione degli operatori pastorali, incentivare la partecipazione alla vita sociale e politica, portare avanti l’impegno per poveri e svantaggiati».

Pensa di ritornare a Forlì?

«Intanto tornerò a fare il prete nella mia Rivara, a San Felice sul Panaro, ma penso che ci saranno occasioni per rivedere Forlì, soprattutto se il mio successore lo richiederà. Dopo tutto rimango vescovo emerito di Forlì-Bertinoro finché il Signore non mi richiamerà a sé».

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