Unindustria ancora nel caos tra dimissioni e denunce

Forlì

FORLI'. C’è aria di resa dei conti nell’ormai lunghissimo braccio di ferro tra i vertici nazionali di Confindustria e la rappresentanza provinciale dell’associazione, commissariata dal primo febbraio scorso quando a Bologna si insediò il Comitato di reggenza che subentrò al consiglio direttivo di Forlì-Cesena, assegnando la rappresentanza legale al probo viro nazionale Floriano Botta e la direzione operativa a Mario Agnoli, ex direttore regionale dell’associazione.

Passo indietro

Comitato che, dopo aver registrato qualche giorno fa le dimissioni di due dei suoi 5 componenti, nello specifico Sara Fusco della Fpe di Forlimpopoli e Giorgio Cangini della “Cangini Benne” di Sarsina, da ieri mattina si è letteralmente dissolto, con l’analoga decisione presa dai tre “superstiti”: Andrea Maremonti (“Alea Fashion”) di Cesena, Davide Stefanelli (“Vem Sistemi”) e Riccardo Tura (“Dorelan”) entrambi di Forlì. Se i primi due erano usciti in totale disaccordo con l’esautoramento dei vertici provinciali criticando lo stesso comitato di cui hanno fatto parte, i loro colleghi - richiamandosi proprio alla pesantezza di queste accuse - denunciano un clima che rende difficile proseguire il loro mandato chiedendo la convocazione di una assemblea straordinaria dei soci per riavvicinare le parti e disegnare una rotta per il futuro.

Il riassunto

Tante le tappe che hanno portato alla situazione attuale figlia, in estrema sintesi, dell’esposto inviato all’inizio dell’anno da 9 soci ai vertici nazionali col quale si segnalavano alcune irregolarità nella gestione del sodalizio provinciale. Denuncia che aveva prodotto le dimissioni del presidente Italo Carfagnini l’8 gennaio, il subentro del reggente Stefano Minghetti e l’atto d’imperio di Confindustria nazionale che, il 16 del mese con il collegio dei probiviri di Roma, imponeva a presidente reggente e alla direzione, nella persona di Massimo Balzani - attualmente anche lui in attesa di conoscere le proprie sorti - di limitarsi a svolgere l’ordinaria amministrazione, in attesa degli accertamenti in corso a seguito dell’esposto sopra ricordato. Da non dimenticare, nell’intricato panorama della vicenda, la denuncia per diffamazione presentata poche settimane fa da Carfagnini nei confronti di Botta.

Posizioni inconciliabili

Da una parte i vertici nazionali hanno sempre parlato di «gravi violazioni delle regole associative» dall’altro un nutrito gruppo di imprenditori vicini a Carfagnini le hanno sempre derubricate in «aspetti di natura squisitamente formale riguardanti la nomina dei vice presidenti e la partecipazione del past president ai comitati di presidenza». Sullo sfondo il progetto di fusione tra Forlì-Cesena e Ravenna e Rimini, le “cugine” che hanno già dato vita a Confindustria Romagna. Prospettiva osteggiata da Carfagnini che ha sempre proposto in alternativa un avvicinamento di tipo federativo.

La denuncia

Come se tutto questo non bastasse, il ricordato scioglimento del Comitato di reggenza è avvenuto poco ore dopo la denuncia presentata dai soci che si riconoscono ancora nella ormai ex presidenza di Carfagnini contro «l’indebita sostituzione degli organi legittimi di Unindustria Forlì-Cesena, liberamente eletti dagli associati».

Documento rivolto al Tribunale con il quale si chiede «il risarcimento dei danni, patrimoniali e non patrimoniali, causati dai contestati atti illeciti nell’esecuzione di incarichi del tutto privi di sostegno normativo», indirizzato a rappresentante legale, commissario operativo e ai tre componenti il Comitato di reggenza che si dono dimessi ieri. E proprio di questo organismo si contesta la stessa legittimità, «non essendocene traccia – accusano – nei regolamenti confindustriali». Gli imprenditori, poi, lamentano che «i probiviri confederali, anziché attenersi all’attività di controllo, abbiano in realtà utilizzato la legale rappresentanza per compiere attività patrimoniali ed economiche non richieste e di carattere non ordinario». E, richiamandosi proprio a questa situazione, gli estensori della denuncia temono che anche l’assemblea straordinaria serva solo a legittimare una autorità che non riconoscono.

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