«Drei dica subito se intende ricandidarsi, e il Pd decida»

Rimini

FORLI'. Ha condotto una campagna elettorale senza simboli, nemmeno quello del suo partito, il Pd, tutta giocata sull’essere “il candidato di coalizione”. E la vittoria l’ha portata a casa. Marco Di Maio però non ha ricavato solo una vittoria per nulla scontata dall’ultima tornata elettorale, ma soprattutto una consapevolezza: il Pd potrebbe non essere più il partito di riferimento nemmeno in Romagna, in molte zone a dire il vero già non lo è più. E Forlì proprio all’indomani di questo terremoto politico, tutto sommato abbastanza annunciato, di campagne elettorali ne deve cominciare già un’altra importante e a breve: quella per l’elezione del nuovo sindaco a primavera dell’anno prossimo.

Giocare sul tempo

Ora che tutte le forze dal centrodestra al Movimento 5 Stelle ringalluzzite da percentuali a doppia cifra in crescita hanno commentato il post 4 marzo all’insegna di un corale «ci prenderemo Forlì», per il neo rieletto deputato del Pd è ora di mettersi al lavoro anche nel centrosinistra. L’appello è limpido: «Il sindaco Davide Drei deve mettere in chiaro subito se intende ricandidarsi. Dopodiché dovrà esserci una valutazione politica del suo operato da parte del Pd, e della maggioranza, che dovrà decidere». L’invito è, appunto, anche quello di fare in fretta. «Prima degli esiti giudiziari sulla vicenda Livia Tellus, per non rischiare che proprio la necessaria valutazione venga condizionata dagli eventuali sviluppi del’ inchiesta». Quindi prima possibile, anche perché la notizia dell’accoglimento dell’archiviazione della richiesta di rinvio a giudizio potrebbe arrivare anche nel giro di breve. Sulla vicenda dei compensi dei vertici di Livia Tellus portata in Procura dalla Lega nord e sfociata in un’ indagine, Drei ha sempre detto di non pensare a dimissioni prima di una propria eventuale condanna. Ma l’esito, di qualsiasi natura in caso si andasse effettivamente a processo, potrebbe arrivare anche a mandato bello che finito.

Ipotesi dimissioni

Non sarebbe un ultimatum, dice Di Maio stesso, anche se l’invito suona piuttosto perentorio. «È solo un suggerimento affinché non ci si trovi a pochi mesi dal voto senza aver lavorato adeguatamente – dice il deputato –. Se ci si riducesse all’ultimo momento sarebbe solo una rincorsa ai nomi e non si parlerebbe d’altro, non sarebbe utile in questa fase. Abbiamo già vissuto il problema di sapere solo all’ultimo minuto che un altro sindaco non si sarebbe ricandidato al suo secondo mandato... Posso portare l’esempio di me stesso: io ho dato la mia disponibilità a ricandidarmi a maggio dell’anno scorso, c’è stata un’analisi del partito che a luglio ha dato il proprio ok, dopodiché ho cominciato il lavoro di campagna elettorale, per tempo». Ma per Drei c’è anche la spada di Damocle di una inchiesta giudiziaria. Che però per Di Maio non può comunque essere motivo di dimissioni anticipate: «Fare chiarezza sulle intenzioni della persona ora, prima dell’eventuale rinvio a giudizio è un conto. Parlare di dimissioni prima di qualsiasi eventuale condanna è ben altro. È bene che questo mandato si chiuda nei tempi naturali e bene, poi del futuro si discute». Ieri sera intanto si è riunita a prima direzione Pd post elezioni

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