«Darei la vita per parlare ancora cinque minuti con mia figlia»
I chiarimenti col difensore
Nel processo per la morte della 16enne, nel quale sul banco degli imputati ci sono i genitori Rosita Cenni e Roberto Raffoni, con le ipotesi di accusa di maltrattamenti fino alla morte e, solo il padre, di istigazione al suicidio, ieri mattina sulla sedia dei testimoni si è seduta nuovamente la madre per il contro interrogatorio dell’avvocato difensore. Due e mezza di chiarimenti, difese, spiegazioni, fino all’ammissione finale. «Vorrei parlarle per 5 minuti, ora che so la sua sofferenza mi sarei comportata in maniera diversa – dice la mamma –. Ci penso tutti i giorni, una figlia nessuno te la può togliere dal cuore. A volte vedo qualcosa nei negozi e penso “questo le sarebbe piaciuto”. Ho conservato le sue cose perchè mi ricordano i momenti belli». La donna ha poi chiarito alcuni particolari emersi durante il processo: la candela accesa la sera? «Mi piaceva l’atmosfera, non era per risparmiare sulla luce»; l’alimentazione? «Non c’erano restrizioni, mangiava carne bianca e rossa, a casa nostra come da altri»; la presunta voglia di capi firmati della figlia? «Se voleva qualcosa la poteva comprare, si vestiva come voleva, a volte l’accompagnavo io, altre volte andava con le amiche, non posso dire che fosse legata ai capi firmati, voleva cose che volevano gli altri giovani, sono rimasta male quando ha detto che la facevamo sentire una stracciona, non si è mai lamentata con noi che le mancasse qualcosa».
Rapporti complicati
Fino ai rapporti che si erano fatti tesi negli ultimi tempi. «Era diventato difficile confrontarsi con lei – ha detto la mamma –. Diceva che ero io che non capivo, che era inutile parlare. Le ho anche proposto di andare insieme da uno psicologo, ma mi ha risposto che non era matta e che aveva proplemi solo con noi genitori. Era una persona determinata che sapeva cosa voleva, quindi non ho insistito». Purtroppo è stata decisa fino a quel tragico gesto del 17 giugno 2014.